di LORENZO CIPOLLA
PESARO – La comunicazione dei musei è ancora una pagina bianca. La riempiranno gli addetti ai lavori e il pubblico, per creare un nuovo linguaggio che dovrà rendere comprensibile la complessità.
È questa la soluzione individuata durante l’incontro moderato dal giornalista Rai Francesco D’Ayala “La piazza. I musei nella narrazione tra mainstream e web” dai relatori Maria Grazia Tolomei, storica dell’arte, Fabio Fornasari, architetto, il vincitore del premio Comunicatore dell’anno 2018 Paolo Iabichino, il professore ordinario di archeologia cristiana all’università di Foggia Giuliano Volpe e il direttore di Sky Arte HD Roberto Pisoni.
“I nostri musei sono considerati luoghi sacri, pieni di oggetti e vuoti di persone e ci si continua a rivolgere all’1% di specialisti e appassionati – spiega Volpe – le opere non parlano da sole, servono strumenti didattici per dare un racconto non vetrine piene e didascalie incomprensibili”.
Un esempio virtuoso è quello del museo archeologico Salinas di Palermo che dopo essere stato chiuso al pubblico, grazie ai social ha saputo creare una comunità sempre più ampia e in costante dialogo con la città e il territorio. Anche Roma si appresta a sperimentare nuove soluzioni allargate a un pubblico più vasto, come spiega Tolomei: “Un gioco lessicale al Macro per far scegliere alle persone 26 lettere di un nuovo alfabeto che saranno poi elaborate graficamente dall’artista Pietro Ruffo. Ne verrà fuori un’opera totale nata dall’atto creativo individuale e pubblico”.
“C’è una nuova relazione tra noi e il patrimonio culturale: ora con i social i contenuti ci arrivano di continuo e inaspettatamente, servono chiavi e spazi per rapportarci con questa nuova realtà”, interviene Fornasari. “Dobbiamo trovare il modo di oltrepassare non solo limiti nozionistici ma anche ripensare i luoghi per permettere la relazione tra chi guarda e l’oggetto osservato”.
Chi sa dove sta andando il racconto dell’arte è il direttore di Sky Arte HD Pisoni: “L’arte si declina sempre di più a una narrazione pop, vicina più alla fiction che alla realtà storica. I risultati ottenuti dalla nostra programmazione – i documentari sui Musei Vaticani, gli Uffizi di Firenze, Michelangelo Buonarroti – hanno dato un’accelerazione a un processo già in corso”.