di DANIELE ERLER
PESARO – Nei giorni del Festival giornalismo culturale torna spesso l’argomento di come le nuove tecnologie stiano cambiando i saperi tradizionali. E come si possa sopravvivere facendo cultura, vivendo comunque nella contemporaneità.
Nel pomeriggio di sabato, a Pesaro, sono stati portati sul palco del teatro Rossini alcuni esempi. Come quello di Marco Melluso – regista e autore – che è fra gli inventori di una nuova “forma di racconto”. Ha creato il cosiddetto “documedia”, un prodotto che è essenzialmente di intrattenimento: “La signora Matilde” con Syusy Blady. Un film in cui si parla di storia, come se fosse un documentario, ma con lo stile di una fiction.
Ed è una cosa molto simile a quello che fa Roberto Pisoni, direttore di Sky Arte, quando incontra i professori universitari e cerca di insegnare loro il linguaggio della televisione. “Uno dei più grandi scogli su cui ci incagliamo – dice – è quello di trovare dei personaggi che riescano allo stesso tempo ad essere autorevoli e popolari”.
Il problema è quello di avere dei mediatori di qualità: “Dobbiamo trovare forme di linguaggio che non siano banali ma che allo stesso tempo siano popolari. È una sfida che come divulgatori d’arte dobbiamo affrontare costantemente – dice Pisoni –. Tanto che spesso dobbiamo ricorrere a professionisti di altri campi, come Federico Buffa o Carlo Lucarelli”.
Fino all’esempio in un certo senso più estremo: quello della sceneggiatrice Paola Mammini, fra le autrici di Perfetti sconosciuti. Il film di Paolo Virzì, vincitore del David di Donatello, ha avuto un grande successo perché ha saputo raccontare la contemporaneità nei suoi aspetti più intimi e controversi.
Sono solo alcuni esempi, ma hanno lo stesso comune minimo denominatore. La volontà di cercare nuovi linguaggi, nuovi modi di comunicare. Con lo stesso scopo: vendere un prodotto culturale. Senza svilirne il valore.