URBINO – Si vedevano quasi a fatica, tanto erano grandi i violoncelli che tenevano stretti tra le mani. Prima di esibirsi sul palcoscenico, i musicisti del quintetto d’archi che hanno accompagnato il coro 1506 si sono ritrovati in uno dei molti corridoi, lontano da occhi indiscreti. Lì, con già indosso la fascia dai colori urbinati, era possibile ammirarli in azione, ad accordare gli strumenti. In quel concerto spontaneo organizzato dietro le quinte, riprovavano i passaggi più ostici, si accanivano sulle note più alte del repertorio. E si tiravano anche qualche frecciatina: “Ti piacerebbe fare sta parte, eh? – diceva uno al collega – E invece stavolta tocca a me, tu l’hai già fatta l’ultima volta”.