di CHIARA UGOLINI
URBINO – L’Italia è lo stato membro dell’Unione Europea con il più alto numero di minacce attive nei confronti dei giornalisti: 13 segnalazioni nel 2018, lo stesso numero registrato nella Federazione Russa. Lo denuncia il Consiglio d’Europa nel rapporto pubblicato sulla piattaforma Assemblea per la protezione del giornalismo.
Nel 2018 il sito ha registrato tre casi di giornalisti italiani minacciati di morte. Marilù Mastrogiovanni del quotidiano Tacco d’Italia è stata presa di mira dopo aver scritto un articolo sui rapporti tra criminalità organizzata e attività turistiche nel Salento. Il giornalista Filippo Mele, de La Gazzetta del Mezzogiorno, con la propria indagine ha provocato lo smantellamento di tre gruppi criminali che operavano a Metapontino, in provincia di Matera, nel campo della droga e dell’estorsione; subito dopo però ha ricevuto una busta contenente un proiettile, una penna rossa e un foglio di carta bianca. Il più recente è il tentato incendio della casa del giornalista di Report Federico Ruffo, autore di un’inchiesta sui presunti rapporti tra alcuni dirigenti della Juventus, gli ultrà della squadra e la ‘ndrangheta.
La mafia e il crimine organizzato sono una delle maggiori minacce per la stampa. La piattaforma segnala anche 21 casi di giornalisti che vivono costantemente sotto la protezione della polizia, oltre ai casi di giornalisti intimiditi e attaccati da membri di gruppi neofascisti. Come Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica”, che per mesi si è visto recapitare striscioni e volantini contenenti minacce. Più volte la presentazione del suo libro NazItalia è stata interrotta dalle squadre paramilitari fasciste e a novembre i muri della sua casa a Bergamo sono stati imbrattati con messaggi offensivi.
Strasburgo riporta però che gli attacchi verso la libertà di stampa e la sicurezza dei cronisti italiani, arrivano anche dalla politica: “La maggior parte degli allarmi registrati si sono verificati dopo l’insediamento del nuovo governo, 1 giugno 2018”.
I due vicepremier italiani, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, più volte hanno danno sfoggio sui propri social network di “una retorica particolarmente ostile a media e giornalisti”. Ad esempio, il leader leghista ha minacciato di togliere la scorta allo scrittore e giornalista Roberto Saviano, nonostante siano noti gli attacchi che riceve costantemente da parte di organizzazioni criminali. E il leader del M5s, tra i vari post che ha pubblicato contro la stampa, il 12 settembre ha scritto su Facebook: “I giornali (…) inquinano il dibattito pubblico ogni giorno e il peggio è che lo fanno con soldi pubblici”.
La posizione del governo è stata ulteriormente confermata dall’approvazione del bilancio da parte del parlamento: inclusa una progressiva riduzione delle sovvenzioni alla stampa, che puntano a essere abolite completamente entro il 2022. La Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) e l’Ordine dei giornalisti hanno denunciato che questa misura economica mina il pluralismo dei media e causerà la chiusura di numerose testate nazionali, tra cui Avvenire, Italia oggi, Libero quotidiano, Il Manifesto, Il Foglio, oltre alle riviste cattoliche settimanali e alle minoranze linguistiche.
Diverse le manifestazioni che sono state realizzate nelle principali città di tutta Italia, anche nelle Marche. Ad Ancona circa 50 giornalisti si sono radunati il 13 novembre davanti alla Prefettura, in piazza del Plebiscito, a difesa dell’articolo 21 che tutela la libertà di stampa, dopo che Di Maio e l’esponente pentastellato Alessandro Di Battista hanno chiamato i giornalisti “infimi sciacalli”, “puttane” e “pennivendoli”.
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche Franco Elisei specifica che, a parte qualche esponente politico che sui social o durante un consiglio regionale si è lasciato andare a delle “infelici considerazioni nei confronti dei giornalisti”, nella regione marchigiana non sono stati registrati nell’ultimo anno degli attacchi eclatanti tanto quanto ci sono stati a livello nazionale. “La partecipazione alle manifestazioni è voluta essere – per il momento – una prevenzione”.