di GIACOMO PULETTI
URBINO – Una “hard Brexit”, cioè l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea senza un accordo tra le parti, avrebbe conseguenze pesanti per le esportazioni e le imprese marchigiane. È quanto emerge da un’elaborazione del centro studi della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa delle Marche.
Il Regno Unito è al sesto posto tra i Paesi dove le imprese marchigiane esportano di più dopo Germania, Francia, Belgio, Stati Uniti e Spagna, per un totale di 536 milioni di euro nel 2018.
“Con’uscita senza accordo – spiega Otello Gregorini, segretario Cna Marche – l’export made in Marche verso la Gran Bretagna entrerebbe in crisi a causa dell’applicazione delle tariffe doganali e della prevedibile svalutazione della sterlina”.
Il settore calzaturiero è ancora il maggior ambito di esportazione delle imprese marchigiane oltremanica, anche se negli ultimi il valore di questo settore è in rapido e sistematico calo.
“Il mercato britannico offre un forte contributo alla creazione di ricchezza della nostra regione – racconta al Ducato Giovanni Dini, direttore del centro studi – soprattutto per quanto riguarda il settore della moda, nel quale è compreso l’indotto delle calzature marchigiane”.
Al contrario, è in forte aumento la competitività delle imprese che si occupano di produzioni avanzate, come macchinari specifici e beni strumentali. È proprio su questo punto che si è concentrata l’analisi dei dati, con particolare riferimento alle aziende meccaniche.
“I problemi che potrebbero derivare da difficoltà di rapporti tra GB e Ue – continua Gregorini – avrebbero nei confronti delle Marche riflessi non solo sulle produzioni industriali tradizionali ma anche su quelle più avanzate e a maggior contenuto di ricerca e sviluppo”.
Il saldo tra esportazioni e importazioni, infatti, è nettamente a favore delle Marche, con oltre 332 milioni nel 2018, frutto di 536 milioni di export e 204 milioni di import.
Un saldo che contribuisce in modo netto al Pil della regione. “L’export è una componente diretta della ricchezza prodotta – racconta Dini – Per questo la nostra struttura economica è fortemente legata alle sorti della Gran Bretagna.
Sorti che potrebbero essere ancora in bilico nonostante i tentativi della premier britannica Theresa May di far ratificare l’accordo trovato nei mesi scorsi con Bruxelles, finora tutti falliti.
“Ad oggi il mercato britannico è molto esigente – conclude il direttore – e stiamo vivendo un periodo economico difficile. Le nostre imprese riescono a essere competitive ma con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea verranno meno i nostri riferimenti commerciali e a quel punto avremo più complessità. Potrà succedere di tutto”.