di CLARISSA CANCELLI ED ELIA FOLCO
URBINO- “Ho pianto. ho pianto come una disperata quando i poliziotti sono entrati nel mio locale con quei fogli in mano. Sono stata offesa, umiliata. Ho alle spalle 34 anni di lavoro onesto e mi sono sentita trattata come una delinquente. E questo non è giusto, qui nessuno commette dei crimini, lavoriamo e basta”. Sandra Lannes racconta così il momento in cui gli agenti della polizia di Stato le hanno notificato l’ordine di sequestro preventivo del suo locale, il Bosom Pub di via Budassi. Insieme al Bosom è stato chiuso, per aver permesso ai clienti di ballare, il Buta di via Mazzini. Sono due tra i locali più frequentati dagli studenti.
“Non riesco a capire perché siamo stati colpiti solo noi, quando a Urbino lo fanno tanti altri. Io e mio marito rischiamo addirittura sei mesi per balli abusivi. È vero che non abbiamo l’autorizzazione a locali di pubblico spettacolo, ma mi dà fastidio che non ci sia equità. Siamo qui da oltre 30 anni, e non abbiamo fatto nulla di diverso. La sala esiste dagli anni ’90 e solo ora sorge il problema. Le cose vanno fatte in modo corretto. La legge deve essere uguale per tutti. E tutti sanno che la sera a Urbino si balla dovunque”.
L’appello dei ragazzi: “Ridateci la vita notturna”
Urbino è una città abitata principalmente da ragazzi, che la sera vanno a ballare nei locali. Questa è una realtà che, come dice la titolare del Bosom, tutti conoscono ormai da anni. Basta fermarsi in piazza della Repubblica o davanti a qualche bar del centro storico dove gli studenti si incontrano per trovare facilmente conferma alle parole di Sandra Lannes. Simone Gelsomino viene da Sassari e studia alla scuola di Scenografia: “A Urbino gli studenti sono la maggioranza e l’unica cosa che non viene davvero tutelata è proprio lo studente. Una città di giovani ma non per i giovani. Dopo dodici ore di lavoro o di studio, vorrei uscire a divertirmi e invece alle due di notte è già finito tutto. Bisognerebbe fare in modo che i locali aprano e non che chiudano”. Alexa D’Arrezzo, anche lei studentessa di Scenografia, scherza sulle parole appena detta dal suo compagno di studi: “A Urbino ci sono più o meno quattro locali dove potersi svagare un po’. Me ne chiudi due, me ne rimane uno e mezzo e quel mezzo chiude a mezzanotte”.
“Per me è abbastanza ridicolo aver chiuso il Buta e il Bosom- spiega Giuditta Marra, studentessa di Giurisprudenza- A volte ci può essere un po’ di sovraffollamento, ma per me non è un motivo valido per chiuderli”.
Il sequestro preventivo dei due locali è arrivato proprio nel momento in cui sta entrando nel vivo la campagna elettorale e il tema rischia di essere, insieme a quello della chiusura anticipata di tutti i locali, oggetto di polemiche. Soprattutto da parte degli studenti, che si vedono privati del loro divertimento, ma anche dei commercianti, costretti a chiudere alle 2 con il rinnovo dell’ordinanza. Il sindaco di Urbino, Maurizio Gambini, ha spiegato al Ducato che per permettere ai clienti di ballare basta possedere la licenza di attività di pubblico spettacolo: “I locali del centro storico hanno attività di pub o somministratori di bevande. Se ottengono il permesso e la sicurezza è garantita, allora la situazione è diversa. Ma nessun locale del centro storico di Urbino ha l’autorizzazione da locale danzante”. Per la licenza bisogna fare domanda al Suap (Sportello unico attività produttive). Giorni fa, il dirigente del Commissariato di Polizia di Urbino, Simone Pineschi, ha spiegato che in seguito ad alcuni controlli fatti nei mesi scorsi è scattato il sequestro preventivo di alcuni esercizi.
L’eccezione alla regola
In realtà, nel centro storico, un locale con il permesso di far ballare le persone al suo interno c’è. Ma è un circolo. “Il Bunker 83 di cui sono presidente- spiega Fabio Fedrighelli– non è tenuto ad avere la licenza proprio in quanto circolo. Ciò nonostante i nostri locali sono a norma per il pubblico spettacolo e la relativa documentazione è depositata presso il Suap e negli uffici comunali”. “Nel mio locale, dove possono entrare solo gli associati- continua Fedrighelli- si può quindi ballare e quello che è successo al Bosom e al Buta non mi riguarda, non lo commento”.
Le perplessità dei gestori: “Rendono difficile lavorare”
Lorenzo Massimi, titolare del Piquero in via Veterani, ammette che i gestori vanno avanti con la paura di essere colpiti da qualche provvedimento punitivo: “Ormai si lavora col magone. Se uno per caso inizia a ballare, c’è il terrore di cosa potrebbe succedere. Si mantiene uno stato di paura che fa lavorare male. O si interviene bene o non so, ma non si può continuare così. Noi cerchiamo di lavorare onestamente, ma ormai si sono fissati. Io non so come lavorano gli altri locali, ma la situazione è difficile”.
“Secondo me è giusto, se la legge dice che non puoi cucinare o non puoi ballare non ha senso farlo. È da trent’anni che si fa così, ma le norme vanno rispettate” dice invece Julian Roffman, titolare del Twenties cocktail bar, che sottolinea però come il problema dei locali in cui si balla senza licenza perduri da tempo: “Solo ora ci si sta ponendo la questione, il che è sbagliato”.
È della stessa opinione Mattia Furlani, gestore del Fuoritema, in via Posta Vecchia: “Alcuni locali non erano a norma. E questo è palese. La legge va fatta rispettare, ma qui stiamo esagerando. Non ci sono motivazioni vere per farli chiudere. Non sono i controlli a essere sbagliati, ma il modo in cui vengono fatti. Prima l’ordinanza, poi la chiusura. Il problema non sono i locali ma la confusione dell’amministrazione”.