Al Jazz Club di Urbino Dorfles e il suo Pinocchio, l’opera eterna “che parla di tutti noi”

Lella Mazzoli, Piero Dorfles e Giorgio Zanchini presentano il saggio Le palline di zucchero della Fata Turchina di Dorfles
di LINDA CAGLIONI e ALICE POSSIDENTE

URBINO – Tornare a essere bambini o scoprire di non esser cresciuti mai per davvero. Una filosofia di vita trasmessa dalle pagine di Pinocchio e che riemerge grazie all’autore e giornalista Piero Dorfles con il suo saggio Le palline di zucchero della fata Turchina. Indagine su Pinocchio (Garzanti). Il libro è stato presentato al Jazz Club di Urbino, in compagnia della direttrice dell’Ifg Lella Mazzoli e del giornalista e conduttore di Radio anch’io Giorgio Zanchini.

“Pinocchio è una lettura fondamentale – ha spiegato l’autore durante l’evento –  parla dei bambini con una competenza unica. Perché a Carlo Collodi i piccoli non piacevano, ma era lui stesso un bambino: adottava il loro approccio curioso nell’interpretare la realtà, il loro sguardo nell’osservare il mondo”. Secondo Dorfles il cammino affrontato dal burattino di legno diventato leggenda è disseminato di bugie, menzogne piccole e grandi, in ogni caso sempre diverse tra di loro: “In tutto il racconto il naso di Pinocchio si allunga soltanto due volte, nonostante la verità sia offuscata in molte più occasioni. Collodi ci dice infatti che la vita quotidiana è costellata di piccole ipocrisie, ma che sono spesso a fin di bene. Del resto quando noi impariamo a parlare, impariamo nello stesso momento anche a mentire. Ma le vere bugie sono quelle in cui si finisce per tradire e rinnegare se stessi”.

Dal concetto di ironia al passaggio all’età adulta sono tanti gli spunti di riflessione che dalla fiaba si riflettono sull’attualità, come ricorda Mazzoli: “Pinocchio è una lettura interessante, utile a comprendere non soltanto il periodo storico in cui è stata stesa ma anche quello attuale. Attraverso le sue pagine è possibile rileggere un’analisi sulla nostra contemporaneità”.

Dopotutto il bambino creato da Geppetto rappresenta, oggi come allora, tutto quello che si finisce per rimpiangere: l’essere liberi, senza senso del dovere né complessi di colpa. “Un’opera simbolo del rapporto giovani-adulti – ha ricordato Zanchini – che è molto più che un libro per bambini e finisce per trasformarsi in una narrazione con un forte valore sociale”.

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