di CLARISSA CANCELLI
URBINO- Una fotografia sui pensionati della provincia di Pesaro e Urbino (ex dipendenti pubblici esclusi). Senza alcuna differenza. Non importa che percepiscano pensioni di vecchiaia o sociali. Tutti in posa, sorridere non è necessario -per fortuna. Anche perché lo scatto dimostra che il grado di povertà è alto e le donne sono, come purtroppo spesso accade, le figure più svantaggiate.
Nella provincia di Pesaro e Urbino, due pensionati su tre percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia di povertà e le donne ricevono mediamente 571 euro in meno, ogni mese, rispetto agli uomini. Questo è quanto emerge dai dati Inps 2019 che sono stati elaborati dall’Ires Cgil Marche, in cui sono però escluse – come dicevamo – le gestioni dei lavoratori pubblici.
L’importo medio delle pensioni vigenti è di 769 euro lordi, con valori medi che vanno dai 1.029 euro delle pensioni da vecchiaia ai 412 euro di pensioni e assegni sociali. Un calcolo che, a primo impatto, sembra scorretto: è normale che la media sia così bassa, se insieme alle pensioni da contributi, si calcolano anche quelle sociali.
In realtà due valori sono stati volutamente messi insieme, per ottenere una media in grado di fotografare la realtà complessiva dei pensionati.
“Per dire che i pensionati sono poveri e faticano a vivere decentemente è stato necessario fare una media di tutte le pensioni. Ci è sembrato indicativo considerare anche quelle sociali. Anche perché per arrivare a un importo inferiore a 750 euro, vuol dire che complessivamente non sono alte” spiega al Ducato Catia Rosetti, segretaria generale dello Spi (Sindacato Pensionati Italiani).
In provincia sono oltre 119.000 le prestazioni pensionistiche e assistenziali erogate, tra cui 59.000 quelle di vecchiaia e 4000 le pensioni e assegni sociali. 80.000 di queste, pari quindi al 67% del totale, sono inferiori a 750 euro al mese. E quindi ecco che due pensionati su tre percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia della povertà.
Ma non basta. La fotografia di cui si parlava prima ha dei contorni ancora più allarmanti. Ciò che colpisce di più infatti è la netta differenza tra uomini e donne, stavolta relativamente solo all’importo della pensione di vecchiaia.
“Volevamo focalizzarci sulle donne che hanno lavorato per raggiungere una pensione da contribuzione” continua Catia Rosetti.
Se i primi percepiscono 1.285 euro lordi, le donne arrivano a 714 euro. Si parla di meno del 44% rispetto agli uomini. È un vero gender gap, ancora più marcato per le pensioni di lavoratori dipendenti, dove si arriva a una differenza di 876 euro mensili.
“I dati elaborati da Ires Marche rafforzano le ragioni della manifestazione unitaria dei sindacati dei pensionati per sabato primo giugno – continua Catia Rossetti – Come possono mantenersi in salute e curarsi se 2 pensionati su 3 percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia di povertà? Il numero delle persone non autosufficienti cresce di anno in anno e milioni di famiglie sono in difficoltà, servono più risorse e la garanzia di livelli essenziali uniformi in tutto il territorio nazionale”.