di FRANCESCO COFANO
URBINO – L’ateneo di Urbino dà lavoro ed è attraente. Sette laureati su dieci rifarebbero l’università nella città ducale, scegliendo anche lo stesso corso di studi. Più di otto su dieci, inoltre, lavorano nei cinque anni dalla laurea magistrale (biennale e a ciclo unico). È quanto emerge dal rapporto 2019 di Almalaurea, il consorzio interuniversitario che elabora il profilo e la condizione occupazionale di 75 università italiane.
Il dato (71,2%, in calo di tre decimali rispetto al 2018) è il più significativo tra quelli che esprimono un gradimento più generale degli studenti nei confronti dell’ateneo. L’88,9 % dei ragazzi è soddisfatto del rapporto con i docenti; leggermente di meno (87,4%) quelli che ritengono adeguato il carico di studi.
Numeri in crescita per quanto riguarda i laureati: rispetto al 2018, quando furono 2553, quest’anno i “nuovi dottori” sono 60 in più, 2613. Poco più di 900 i coronati dopo aver concluso una magistrale a ciclo unico o una specialistica biennale, 1613 i laureati al termine del percorso triennale.
Più della metà, il 51,4%, proviene da fuori regione e quasi il 50% (49,3) è in possesso di un diploma liceale (classico, scientifico e linguistico). Più di un quarto (26,4%) si è laureato dopo essersi diplomato in un istituto tecnico, residuale la quota proveniente dalle scuole professionali.
L’età media di chi arriva alla tanto attesa proclamazione è di 26,4 anni. Più nello specifico, si ottiene la laurea triennale a 25 anni e la magistrale superati i 28. Il ritardo nel tagliare il traguardo si spiega col fatto che molti ragazzi dopo il diploma non si immatricolano, preferendo un periodo sabbatico o un’esperienza nel mondo del lavoro. Ma più di uno studente su due, una volta deciso di immatricolarsi, si laurea in corso (55,8% tra i triennali e il 57,6% per le magistrali).
La “Carlo Bo” si mostra attenta anche alla dimensione internazionale. Cresce rispetto all’anno precedente il numero di quanti hanno fatto un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal proprio corso di laurea (dal 9,5 al 10,2%). Una tendenza confermata anche dagli aderenti al bando “Erasmus + traineeship”, che permette a laureandi o persone laureatesi di recente di fare un tirocinio in un ente o un’azienda esteri: 111 nel 2018, 114 nel 2019.
Ottimi i risultati ottenuti dal punto di vista occupazionale. Il 70,7% dei coronati triennali che decidono di lavorare senza proseguire gli studi risulta occupato a un anno dal conseguimento del titolo. Di questi, quasi il 45% ha cominciato la sua avventura nel mondo del lavoro dopo la laurea, mentre per il 38,1% il mestiere è lo stesso che si faceva durante gli anni sui libri. Uno su quattro riesce a ottenere un contratto a tempo indeterminato, l’8% decide di diventare un libero professionista. La retribuzione media (includendo lavoro non standard e part-time) è di 1080 euro netti.
Ma le competenze apprese negli anni preparandosi agli esami vengono applicate nella professione? Sì, almeno stando a quanto dichiarato dagli studenti contattati da Almalaurea: il 48,1% degli occupati considera il titolo molto efficace o efficace per il lavoro svolto.
Il tasso di occupazione a un anno si abbassa leggermente e arriva al 66,2% per i laureati di secondo livello (biennale o a ciclo unico). Di questi, il 33% continua a fare il lavoro iniziato prima del titolo, mentre il 53,4% ha iniziato a lavorare dopo i cinque anni di studio. A sorpresa sono di meno, rispetto a chi opta per un percorso accademico breve, anche quelli che ottengono un contratto a tempo indeterminato: qui la percentuale si ferma al 19,6%. La retribuzione media (anche qui includendo lavoro non standard, part-time e da autonomo) è di 1055 euro netti.