di LUCA GASPERONI
URBINO – Ogni presidente degli Stati Uniti oltre al lavoro, guidare la nazione più importante al mondo, ha una vita personale. Ci sono i vizi, come i barattoli delle caramelle disseminate ovunque e le passioni, come la pesca o l’affetto verso i propri cani. Pochi hanno avuto la possibilità di conoscere, oltre al “presidente” anche “l’uomo” che sedeva nello studio ovale. Susan Biddle, fotografa ufficiale di Ronald Reagan e di George H. W. Bush a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, è una di queste.
“Non volevo fermarmi alle foto di convenienza, ma catturare la realtà”, spiega durante la visita all’Ifg, riavvolgendo il nastro della sua carriera, iniziata da adolescente quando a un matrimonio di famiglia ricevette una macchina fotografica con il compito di documentare la giornata. La fotoreporter originaria del Colorado è a Urbino insieme al premio Pulitzer Bob Marshall per un corso di giornalismo a 30 studenti americani.
Susan per un ventennio ha mostrato con le immagini ciò che succedeva nella White House. Da dentro ma anche da fuori. Per sette anni al servizio dei due presidenti, poi dal 1996 come corrispondente per il Washington Post. Un lavoro, per sua stessa definizione, “fantastico e gratificante per le storie che abbiamo riportato”, ma che non può battere l’esperienza di vivere ogni giorno, gomito a gomito, con l’uomo più potente del mondo.
“Hai la possibilità di vedere le cose dietro al palcoscenico, ed è quello che mi piace di più – dice la fotoreporter – molto spesso andavamo agli eventi stampa: tutto era allestito per i giornalisti ma noi non ne facevamo parte. Lavoravamo dietro alla scena”. Susan con i propri scatti raccontava una miniera di aneddoti e curiosità.
Reagan aveva un debole per le caramelle di gelatina Jelly Beans, aveva iniziato a mangiarle quando aveva smesso di fumare e da allora ne era dipendente. Voleva sempre un barattolo nelle vicinanze, soprattutto durante gli incontri politici più importanti. Il vicepresidente Bush, non in buoni rapporti con il suo superiore, “andava nello studio ovale, afferrava la giara con le caramelle e cominciava a mangiarle di fronte a Reagan” racconta Susan.
Bush senior, così come la moglie Barbara, era un grande amante dei cani, in particolare degli english springer. La cagnolina Millie aveva partorito sei cuccioli e il presidente non perdeva mai l’occasione per passare del tempo con loro per rilassarsi.
Susan viveva dentro la Casa Bianca, nell’ala est, destinata allo staff presidenziale. I primi due anni con Reagan, “persona davvero divertente, spesso raccontava barzellette”, poi cinque con Bush senior “un uomo fantastico, amichevole e sempre gentile” di cui era diventata la fotografa personale.
Proprio con quest’ultimo la fotoreporter aveva avuto un rapporto quasi simbiotico: “Non diceva mai no alle foto, era sempre disponibile. Mi chiamava la guardiana delle porte”. Tanto che, oltre i ruoli, i due erano diventati amici. Una conseguenza diretta del tempo passato insieme, anche in momenti intimi e di svago.
Tra questi Susan ricorda bene quando un giorno lo accompagnò al lago: “Bush aveva una passione per la pesca, ma non era molto bravo per la verità (ride ndr). Ero seduta sulla barca accanto a lui: in quei giorni Saddam Hussein aveva appena invaso il Kuwait, Bush pescava e leggeva i documenti informativi. Uno dei miei scatti migliori. Ero affascinata da quei momenti”.
Ma se il presidente era gentile, c’era anche chi non sempre vedeva di buon occhio la sua presenza e le sue foto. Il rapporto con l’addetto stampa che a volte cercava di tenerla fuori dagli incontri, ad esempio, era tutt’altro che facile. “Una volta, il Presidente stava parlando al telefono con Michail Gorbaciov, agli arresti domiciliari in Crimea – racconta Susan – e l’addetto stampa mi chiese di fare una foto per i giornali. Lo scatto e la scena erano reali: lui aveva i capelli arruffati, la first lady uno sguardo preoccupato, erano in camera da letto. Allora l’addetto stampa mi chiese: “Perché non hai fatto qualcosa per i suoi capelli?”. Le dissi che non avevo intenzione di toccare i capelli del presidente. La foto non le piaceva”.
Le foto di Susan riescono in un’impresa non banale: creare un legame tra l’immagine politica, le scelte di un presidente e la sua vita dietro i riflettori, unendo attimi di intimità a momenti importanti della storia americana. Ognuno degli scatti della fotoreporter racconta chi c’è dietro al presidente.
Una professione che, nell’era dei social network e della disintermediazione, sembra aver assunto un ruolo meno privilegiato. Ma non è così. In passato come ora il fotografo, in virtù della sua posizione, scattava foto destinate a rimanere nell’immaginario collettivo. È la professionalità, il mestiere, la sensibilità che danno profondità a una immagine.
Vale anche per quella che Susan sceglie come la migliore scattata durante gli anni al Washington Post:”Ce n’è una che ho fatto al presidente Bill Clinton che mi piace molto. Siamo a Natale e lui è in un negozio: si può supporre che stia comprando i regali a Hillary e Chelsea, invece sta fissando i poster dei presidenti attaccati al muro. Pensa a quale eredità lascerà agli americani, come sarà ricordato”.