di LINDA CAGLIONI
PESARO, 4 OTT. – Il viaggio è culturale e cambia negli anni. Cambia nella sua velocità, nei mezzi per intraprenderlo e nelle sensazioni che lascia. Così accade anche al mestiere del reporter. “Il modo in cui Luigi Barzini raccontava della guerra russo-giapponese nel 1905 è molto diverso dal modo in cui oggi si descrivono i conflitti” dice Lorenzo Cremonesi, storica firma del Corriere della sera che da anni visita angoli di mondo – soprattutto quello mediorientale – per testimoniare delle guerre in Libano, Iraq, Afghanistan, Pakistan. Luoghi lontani, esotici, da cui si è lasciato affascinare anche grazie all’incontro con Tiziano Terzani, che gli ha trasmesso la voglia di esplorare per poi raccontare.
Sul palco del teatro Rossini di Pesaro, ha raccontato al pubblico del Festival del giornalismo culturale delle tante ragioni che spingono a partire, e in che modo la necessità di spostarsi, di approfondire, aderisce al giornalista contemporaneo. “Il ruolo del reporter è cambiato ma ci sono elementi che devono sopravvivere sempre per fare bene il mestiere. Penso alla voglia di continuare a leggere, di approfondire e informarsi. Penso alla necessità di descrivere realtà complicate e che, proprio in virtù della loro delicatezza, richiedono un distacco che rasenti la purezza, uno sguardo vergine”.
Lorenzo Cremonesi al @fgcult: “Se sei parte di un conflitto, se soffri, se ti piovono le bombe sulla testa sei parte di un conflitto. Diventi un testimone di parte, non volendo. Un giornalista deve invece mantenere purezza, verginità nello sguardo” #fgcult19 pic.twitter.com/rDEEu1UPuc
— Il Ducato Urbino (@IlDucato) October 4, 2019
I conflitti nell’area mediorientale proseguono, a diversi livelli di intensità, ma avere una visione chiara su quei contesti non è diventato più semplice con il passare degli anni, anzi. Nonostante la rete metta a disposizione un imponente carico di fonti per ottenere informazioni, fare ordine resta ostico. “Le proteste che in queste ore stanno avvenendo in Iraq sono proteste per il pane. Non hanno nulla a che fare con le Primavere arabe. Ma c’è qualcuno che ne è convinto, e questo perché interpretare ciò che avviene in luoghi tanto distanti da noi è difficile”.
Il viaggio serve a narrare la realtà, dunque. E a volte proprio il racconto di un luogo, la celebrità mediatica che ne ricava, a cambiare le sue sorti. È, spiega Cremonesi, il caso di Kobane, città turca al confine con la Siria e diventata il simbolo della resistenza Ypg, le milizie a maggioranza curda che si sono opposte all’avanzata dello Stato islamico guidato da Abu Bakr al Baghdadi. “Kobane è diventata importante, è stata la prima storia raccontabile dai giornalisti nella guerra contro l’Isis, perché è una città conca, una città teatro a cui i giornalisti sono riusciti ad accedere. In questo modo si è trasformata in una guerra di propaganda, e nell’insistenza di conquistare quel luogo che stava assumendo sempre più importanza, al Baghdadi ha perso diecimila uomini. E da quel momento l’Isis ha cominciato a sfumare, è stato l’inizio della decadenza”.