di MARIA PIA PETRAROLI e ALICE POSSIDENTE
URBINO – Il movimento delle sardine è nato e cresciuto dal basso, ma soprattutto si è diffuso attraverso Facebook, dove conta quasi 200.000 seguaci. Fin da subito ha deciso di organizzare la manifestazione in piazza, un evento pubblico, attraverso il social network di Mark Zuckerberg: una piattaforma privata sulla quale ormai si anima gran parte del dibattito pubblico e politico, che ha la libertà di espressione e la nostra democrazia. Dopo qualche giorno però è stata la stessa piazza mediatica a creare un piccolo corto circuito, chiudendo la pagina ufficiale, “6000 sardine“. Domenica 24 novembre è stata oscurata, ma intorno all’una del mattino del 25 è stata ripristinata.
Probabilmente è stata una pioggia di segnalazioni la causa della chiusura. La loro popolarità – raggiunta nel giro di due settimane – deve aver attirato molte attenzioni. L’idea è venuta a quattro amici di Bologna, che per velocità e semplicità, hanno pianificato il primo incontro, quello in piazza Maggiore, su Facebook, con l’obiettivo comune di protestare – stretti come sardine in scatola, appunto – contro il populismo e la destra italiana, Matteo Salvini in testa.
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Le spiegazioni di Facebook
A chi ha chiesto spiegazioni sulla chiusura, Facebook ha fatto sapere che l’episodio è avvenuto per errore e la pagina ufficiale del movimento è stata ripristinata non appena è stato possibile fare delle verifiche. A tutti è arrivata la stessa identica risposta: “Il nostro sistema elabora milioni di segnalazioni alla settimana e a volte commettiamo degli errori. – ha spiegato il social network – Siamo spiacenti per qualsiasi inconveniente causato”.
“Immagino che quanto detto da Facebook sia la verità, anche perché non mi pare una risposta auto-assolutoria: ammettono un grave errore”, ha ipotizzato l’avvocato Guido Scorza, presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione. Le sardine hanno accolto in maniera positiva la riapertura, pubblicando un post: “La pagina è di nuovo online! Ogni attacco o problema sui social riempirà semplicemente di più le piazze”, hanno scritto.
Nel post, uno screenshot mostra il messaggio che Facebook ha inviato loro, su cui si legge che “la pagina non presenta violazioni”.
La pioggia di segnalazioni
Per gli amministratori di “6000 sardine”, la pagina è stata bersaglio di un gran numero di segnalazioni, anche se non ha mai pubblicato post violenti o offensivi. E sarebbe stato questo a portare alla loro ‘censura’. Secondo il sistema di moderazione del social, infatti, una quantità eccessiva di segnalazioni attira l’occhio di un algoritmo, che poi opera in maniera autonoma e indipendente procedendo con l’oscuramento.
“Non sapremo mai com’è andata. Non sappiamo perché è stata chiusa né perché è stata riaperta – ha spiegato al Ducato Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi all’Università di Urbino – potrebbero essere stati segnalati anche i singoli commenti”. Paradossalmente potrebbero essere state le stesse sardine a ‘svegliare’ l’algoritmo segnalando commenti da parte di troll o populisti disturbatori sulla loro pagina.
Tuttavia, l’opinione più diffusa (e verosimile) è che a far crollare il castello siano stati gli oppositori del movimento delle sardine, con segnalazioni coordinate in massa. Boccia Artieri poi aggiunge che a bloccare una pagina è sempre una persona, mai una macchina: “La procedura automatica può essere quella di segnalazione, ma la decisione è umana”, ha continuato.
La riapertura e le reazioni
La pagina delle sardine è stata ripristinata piuttosto in fretta, nel giro di qualche ora. “Credo che la eco mediatica della vicenda abbia accelerato un processo che magari, in assenza di attenzione, sarebbe durato più a lungo”, ha detto Scorza. Molti dei commenti lasciati online dai seguaci delle sardine sono positivi. “Bentornati pesciolini! Vi aspettiamo per nuotare insieme, pesci-palla e pescecani non sono ammessi nel branco”, ha scritto uno. “Volevano affossare le sardine e hanno solo fatto da cassa di risonanza”, ha commentato un altro.
Il dibattito pubblico e Facebook
Con la chiusura di “6000 sardine”, si riapre il dibattito riguardo a Facebook, accusato di aver limitato la libertà di espressione. “Oscurare un contenuto – anche se per qualche ora – senza alcuna valida ragione significa censurare”, ha affermato Scorza. Come ha sottolineato Boccia Artieri, “il paradosso sta nel fatto che attribuiamo la funzione di strumento di dibattito pubblico a una piattaforma privata, che non ha nessuna motivazione per garantire la democrazia o la par condicio”.
“Quando gli algoritmi amministrano una libertà fondamentale come quella di parola servirebbe un livello di trasparenza e prevedibilità delle loro decisioni superiore” ha concluso l’avvocato.
Ed è per questo che, secondo Scorza, “non può essere l’algoritmo di una società, che risponde alle regole del mercato prima che a quelle della Costituzione, a decidere cosa può stare online e cosa va rimosso”.