di MARIA PIA PETRAROLI
URBINO – “La soglia di attenzione nei confronti di quello che accade su ponti e viadotti è aumentata molto”, dice il presidente del Consorzio di bonifica della regione Marche Claudio Netti. Il Consorzio ha una conoscenza approfondita della questione: due anni fa ha condotto uno studio accurato sui ponti che attraversano i fiumi nel territorio della Regione.
“Ipotizziamo che il ponte sia una persona. Un bravo medico guarda la persona e dall’aspetto fisico capisce se sta bene o sta male. Se ha la faccia paonazza e gli occhi lucidi capisco che ha la febbre – spiega Netti – Se io vado a vedere un ponte anche senza fare controlli invasivi, quelli che sono per esempio le analisi del sangue o la risonanza magnetica per un essere umano, mi rendo comunque conto se il ponte ‘non sta bene'”.
Netti precisa che soltanto il livello di attenzione visivo è aumentato, quello invasivo non è cambiato. “Mi rendo conto che dall’esterno c’è un forte interesse nei confronti di queste strutture ed è del tutto evidente il motivo: la gente ha cominciato a vedere che i ponti vanno giù”, continua il presidente. Comuni, Province e Regioni stanno prestando attenzione al problema, ma per passare da questo alla diagnosi delle malattie e soprattutto alle cure servono i fondi necessari. “Le risorse a disposizione sono poche. Basti pensare che un’indagine per un solo ponte, per sapere ad esempio il carico che può sopportare o a che grado di ammaloramento è il calcestruzzo, costa 50-60.000 euro circa”.
La mancanza di finanziamenti adeguati da parte del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture rappresenta un grande problema, da non sottovalutare. Si interviene solo su una piccola parte delle strutture che più hanno bisogno di attenzione e cura. “Servirebbe un piano straordinario nazionale. – suggerisce il presidente del Consorzio – C’è stato un tempo in cui c’era la foga della costruzione, ma poi non siamo stati in grado di organizzare la manutenzione. Abbiamo fatto nascere dei figli e poi li abbiamo abbandonati”.
Non manca poi una riflessione su questi impianti, ma soprattutto su quello che è alla base della loro costruzione: “Per parecchie strutture ci siamo affidati a manufatti in calcestruzzo, che normalmente costano meno, ma nel tempo richiedono una maggiore manutenzione”. In merito a questo, Netti menziona la torre Eiffel, che “sta lì dal 1889 perché è in acciaio, mentre il ponte Morandi aveva solo 50 anni”.
Alla fine le sue parole hanno un sapore amaro: “Abbiamo costruito troppi ponti, avremmo dovuto farne di meno e meglio”.