di GIACOMO PULETTI
URBINO – Non sono molte le persone che si emozionano quando vengono fermate dalle forze dell’ordine, ma Francesco Federici, urbinate di 35 anni impiegato all’università, è una di queste. Sabato 7 dicembre ha ricevuto dai carabinieri di Urbino e dall’amministrazione comunale un riconoscimento per la sua “passione” nei confronti dell’Arma, stella polare della sua vita. Colpito a 18 mesi da una meningite fulminante, dopo un periodo in coma Francesco si risveglia ma con un danno irreparabile: la sordità. Che da allora lo accompagna nella sua quotidianità fatta di malintesi, incomprensioni e tanta forza di volontà. Al fianco delle difficoltà, una passione travolgente: l’arma dei Carabinieri
“Fin dalla scuola materna giocavo a fare il carabiniere con gli altri bambini – racconta Francesco davanti a un caffè, tra domande scritte a penna e la sua infinita pazienza nel leggere il labiale – a sei anni mio papà mi accompagnò alla vecchia caserma della compagnia di Urbino e l’emozione fu fortissima”. Il sogno procede a piccoli passi: durante una festa di Carnevale a scuola, Francesco indossa una divisa per sembrare un vero carabiniere.
Con la passione cresce anche la necessità di contrastare le difficoltà nel parlare, e così una logopedista lo aiuta nel pronunciare le prime parole. “Ma quando uscivo da scuola preferivo giocare con i miei amici”, scherza prima di tornare serio e spiegare di essere consapevole dell’importanza di quelle sedute.
La doccia fredda arriva durante l’adolescenza, quando con gli amici si chiacchiera di futuro, di cosa si vuole fare ‘da grandi’. “Io dicevo sempre di voler fare il carabiniere per portare legalità e giustizia nel nostro Paese – spiega Francesco – e tutti i miei amici abbassavano gli occhi”. Finché un giorno un ragazzo gli dice la verità. Nuda e cruda. “A causa della tua sordità, non potrai mai entrare a far parte dell’Arma”, gli spiega. Francesco non ci crede, ha sempre pensato che chiunque potesse fare il carabiniere, che non ci fossero ostacoli, che bastasse la forza di volontà. Ma dopo quella frase seguono quattro giorni di chiusura in se stesso, che oggi fatica a esprimere a parole. E allora, a gesti, fa capire di aver pianto molto, in quei giorni, tanto da avere “il cuore gonfio di lacrime”.
E così arriva la partecipazione al Giubileo del 2000, gli incontri al meeting di Rimini, la conoscenza di alcune persone dell’Ente nazionale sordi che lo lascia perplesso. “Io voglio uscire e parlare con le altre persone – ragiona Francesco – non ha senso chiudersi tra di noi”.
Il rimedio a quel dolore viene ancora una volta dalle due basi più solide della sua vita: la famiglia e l’Arma. Suo papà contatta un amico carabiniere, che gli regala una sua vecchia divisa. Una divisa vera. “Il regalo più grande che mi avessero mai fatto”, racconta Francesco facendo capire tutta la felicità di quel momento.
Ma non sapeva ancora che, molti anni più avanti, quel regalo sarebbe stato sostituito da uno ancora più emozionante. Un attestato di stima e riconoscenza, un berretto e una rappresentazione in ceramica del simbolo dell’Arma, consegnati a Francesco durante una cerimonia nella sala di rappresentanza del Comune di Urbino. Tutto nasce da un post su Facebook del 30 novembre in cui Francesco esprime tutta la sua gratitudine ai carabinieri e, al tempo stesso, il suo dispiacere per non poter mai essere davvero uno di loro.
Francesco divenne sordo da piccolo, ma il suo sogno di diventare Carabiniere per difendere i valori di legalità e onestà non si è mai spento. Ad #Urbino, alla presenza del Sindaco, i #Carabinieri lo hanno accolto come “collega”. #PossiamoAiutarvi pic.twitter.com/5pK4QAKJTZ
— Arma dei Carabinieri (@_Carabinieri_) 9 dicembre 2019
Il messaggio viene letto da Elisabetta Foschi, assessore alle Politiche sociali di Urbino, che ne parla con Renato Puglisi, comandante della compagnia locale, e insieme organizzano la sorpresa a Francesco. Durante l’incontro Puglisi gli spiega che lui è diventato davvero ‘uno di loro’ e che può seguire nella vita di tutti i giorni l’esempio del suo idolo più grande: il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982. “L’hanno colpito perché sapeva troppo – dice serio Francesco – un giorno mi piacerebbe abbracciare sua figlia Rita, so che ha sofferto molto per la perdita del padre”. Durante la cerimonia Francesco è emozionato, felice, non nasconde l’imbarazzo. “Ma non ho versato nemmeno una lacrima – dice orgoglioso – perché i veri carabinieri non piangono mai”.