di FEDERICO SOZIO
URBINO – Il dipinto “I pittori”, dell’artista Anselmo Bucci, resta a casa. Di proprietà della Provincia di Pesaro e Urbino, resterà stabilmente nei locali della casa museo “Quadreria Cesarini” grazie ad un contratto di comodato d’uso gratuito senza limiti di durata tra la Provincia e il Comune di Fossombrone.
Obiettivo della cessione è quello di valorizzare l’opera – realizzata dall’artista marchigiano tra il 1921 e il 1924 ed esposta alla Biennale di Venezia nel ’24 – esponendola al pubblico. La consegna simbolica è avvenuta dal presidente della Provincia Giuseppe Paolini al sindaco di Fossombrone Gabriele Bonci e all’assessore alla Cultura Gloria Mei, che ha commentato: “Il quadro era già a Fossombrone alla Quadreria Cesarini da più di un anno in prestito dalla Provincia. Successivamente è stato esposto in mostra a Milano al Museo del Novecento e la nostra richiesta è stata quella di riportare il quadro nella sua casa, rispettando la volontà del notaio Cesarini e dello stesso Bucci, che era suo grande amico”.
Nella casa museo “Quadreria Cesarini” sono esposti circa 60 oli su tela dell’artista (nato a Fossombrone nel 1887), così come dipinti ed una raccolta completa di oltre 600 incisioni, come spiega l’assessore Mei: “Con il notaio Cesarini erano due anime affini e la casa museo al suo interno possiede un valore immenso con opere di Bucci e altri artisti. La volontà del notaio era quella di lasciare aperto al pubblico, ai turisti e agli studiosi uno spazio dove si potesse valorizzare al meglio la cultura”.
Anselmo Bucci, l’artista dai linguaggi differenti
Una continua ricerca pittorica ha caratterizzato il lavoro e le opere di Anselmo Bucci, nato a Fossombrone il 25 maggio del 1887. Un percorso poco lineare di un’artista che sperimentò linguaggi differenti dell’arte: dal simbolismo al post-impressionismo, dal novecentismo al naturalismo. È nel dopoguerra che si fa conoscere grazie a molte mostre che gli procurano l’invito alla Biennale di Venezia del 1920. Aderisce al movimento artistico “Novecento”, ma dal 1925 tende a distaccarsi dal gruppo per affiancare all’attività di artista quella di giornalista e di scrittore.
Fu amico dei futuristi ma non si definì mai tale, si avvicinò a movimento artistico dei “Fauves” ma si mantenne sempre originale nelle sue scelte compositive aprendosi a nuove esperienze che intraprese con la stessa determinazione con cui poi le abbandonò. Come giornalista e amante della scrittura collaborò con Il Corriere Della Sera e l’Ambrosiano. Gli ultimi suoi anni sono segnati da un progressivo isolamento fino alla sua morte nel 1955 a Monza. Di lui rimane celebre la frase: “Non ho mai cercato di mentire in uno stile, ma di dire la verità in lingua corrente”.