URB, 27 FEB. – Il decreto del Tribunale amministrativo delle Marche, che sospende l’ordinanza regionale di Luca Ceriscioli, non è impugnabile. Al comma 2 dell’articolo 56 de codice del processo amministrativo infatti si legge: “Il presidente o un magistrato da lui delegato verifica che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei controinteressati e provvede con decreto motivato non impugnabile”.
Ma è lo stesso presidente del Tar di Ancona nel decreto emanato oggi ad aprire lo spiraglio che può consentire l’approvazione di un’altra ordinanza simile. Si legge infatti: “Fermo restando che, al mutare della situazione di fatto, consegue la possibilità, per il Governo e per la Regione, di emettere i provvedimenti consentiti dal cit. D.L. n. 6 del 2020”. Ovvero dal decreto legge firmato dal presidente della Repubblica il 23 febbraio che fa riferimento alle zone con almeno un caso di contagio. Tuttavia in quel decreto si fa riferimento a comuni o aree “nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio del menzionato virus” e nelle Marche, l’origine del contagio è stata ricostruita per tutti e tre i casi.
In pratica, dato che la situazione oggi è diversa da quella di due giorni fa (25 febbraio, quando Ceriscioli ha firmato l’ordinanza) – perché sono stati certificati tre casi di contagiati da Coronavirus nella regione – il presidente delle Marche potrebbe firmare una nuova ordinanza con le stesse misure, questa volta con una premessa in più: i casi di contagio. Oppure cercare un accordo con il governo e inserire la misura all’interno di un decreto ministeriale.
(g.c.)