di GIACOMO PULETTI
URBINO – “We will return: torneremo”. Laura e Olivia hanno la faccia di chi sa che un viaggio è finito proprio nel momento più bello. Dall’Italia, e da Urbino, non se ne vorrebbero proprio andare, ma sono consapevoli che non si può fare nulla per opporsi alla decisione dell’Università: domenica li aspetta un volo dall’aeroporto di Fiumicino diretto a New York.
Laura Polin, 19 anni, e Olivia Moyer, 20, sono due dei 23 studenti e studentesse che fanno parte del semestre di studio a Urbino offerto dalla Business School della Villanova University di Villanova, vicino a Philadelphia, in Pennsylvania, Stati Uniti.
Alloggiano tutti all’hotel San Giovanni, il soggiorno e i pasti in mensa sono pagati dall’Università americana. Quando l’esplosione dell’epidemia di Covid-19 in Italia ha costretto cinque atenei a stelle e strisce a richiamare i suoi studenti di Firenze, la Villanova si è adeguata alla scelta delle altre Università per paura che i propri studenti venissero coinvolti in un’eventuale quarantena. E così, a metà del programma di studio in Italia, Laura, Olivia e gli altri stanno già facendo le valigie in attesa del volo che domenica da Fiumicino li riporterà all’aeroporto Jfk di New York.
“Quando ho comunicato loro la notizia del ritorno a casa molti sono scoppiati a piangere” racconta Nicola Aulitano, residence director della Villanova university a Urbino. “La verità è che loro qui a Urbino si sentono protetti, ma l’Università non poteva fare altrimenti”.
I ragazzi sono arrivati sotto ai torricini l’8 gennaio per frequentare il corso ‘Business culture in italian context’, che comprende lezioni frontali di italiano, cultura italiana e storia economia alternate all’esperienza lavorativa in un’azienda del territorio.
Sarebbero dovuti rimanere fino a fine aprile, ma l’espandersi del Coronavirus in Italia ha stravolto ogni programma e così l’università americana si è attrezzata: autobus privato da Urbino a Roma e volo diretto fino a New York per tutti e poi fino alla propria città per ognuno.
“La nostra speranza è di passare un paio di settimane negli Stati Uniti e poi tornare a Urbino quando l’epidemia si sarà arrestata – spiega Laura, che viene dallo Stato di New York – ma sarà difficile: l’università ci paga il viaggio di ritorno e vorrà farci continuare le lezioni al campus di Villanova”.
Il problema non è tanto la paura del contagio, quanto il fatto che durante questo fine settimana i ragazzi sarebbero dovuti partire per lo ‘springbreak’, una sorta di minivacanza tra un ciclo e l’altro di lezioni, che avrebbe toccato diverse capitali d’Europa, con il rischio di restare intrappolati in qualche aeroporto del vecchio continente.
“In Italia si fa molta prevenzione, ad esempio con lo screening o la misurazione della febbre, e spero che queste pratiche vengano adottate anche negli Stati Uniti – ragiona Olivia, che abita in Pennsylvania e studia finanza e matematica – la mia famiglia aveva paura che durante lo springbreak potessimo essere messi in quarantena e a quel punto sarebbe stato impossibile tornare a prescindere dal motivo del viaggio”.
Ma la collaborazione tra la Villanova University e la Carlo Bo di Urbino continuerà anche a distanza, grazie alla piattaforma ‘Collaborate’ con la quale l’Ateneo urbinate fornirà didattica telematica ai ragazzi statunitensi.
“Utilizzeremo la piattaforma per la prima volta e questo ci permetterà anche di capire come funziona – racconta Aulitano spiegando le prossime mosse delle due università –, il professor Ward Utter, docente di Villanova ‘in trasferta’ a Urbino, sta facendo pressione per far tornare i ragazzi in Italia dopo Pasqua, quando il ciclo di lezioni online sarà terminato. Ma non sarà facile”.
Nel frattempo, ai ragazzi non resta che organizzare in valigia i ricordi di queste settimane in Italia e dei viaggi sulla neve dell’Alto Adige o sotto le Torri di Bologna. “Riporterò ai miei genitori una boccetta di aceto balsamico di Modena, è davvero squisito”, dice Olivia. “Io invece ho fatto scorta di cioccolato”, ribatte Laura.
Nella speranza che le prelibatezze del nostro Paese possano addolcire l’amarezza del ritorno a casa, entrambe sono d’accordo sul pregio migliore degli italiani e degli urbinati in particolare: l’empatia. “Appena entro in contatto con qualcuno sembra subito che si preoccupi per me – conclude Olivia – qui a Urbino viviamo come una grande famiglia ed è per questo che non vogliamo andar via”.