di NICCOLÒ SEVERINI
ANCONA – In questi giorni non si parla d’altro che di Coronavirus, tamponi e quarantena. Ma quali sono i passaggi che portano un caso sospetto a diventare un paziente in isolamento? La dottoressa Cinzia Calzolari, neurologa e medico di famiglia che lavora ad Ancona, racconta al Ducato in cosa consiste il suo lavoro in questi giorni di Covid-19, seguendo le direttive arrivate dal ministero della Salute.
Quale iter si segue per un caso sospetto?
“Innanzitutto va fatta una distinzione tra un caso sintomatico e uno non sintomatico. La prima cosa che da fare per un paziente è rivolgersi al proprio medico. Da qui parte l’esame telefonico in cui chiediamo i sintomi. Se ha febbre o tosse cerchiamo di capire se è un’influenza stagionale o riconducibile al Covid-19, di solito le difficoltà respiratorie sono la discriminante principale. Da lì decidiamo se prescrivere la quarantena”.
Come si procede?
Ci sono due strade. La prima è domandare se negli ultimi 14 giorni (il periodo di incubazione del virus, ndr) il soggetto è stato in contatto con persone infettate dal Coronavirus con contatti diretti, come un familiare o un collega. Se non ci sono sintomi, l’isolamento è il primo passo”.
Il secondo?
“Si valutano i contatti indiretti o di passaggio, come la presenza a una conferenza o una riunione, o semplicemente con persone definite a rischio o che provengono dalle zone rosse italiane, cioè Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia-Romagna. O dai focolai principali: Cina o Hong Kong”.
I casi non sintomatici come si individuano?
“Per non sintomatici si intendono soggetti che non presentano i sintomi o ne presentano uno solo. Sono le stesse Asl e ospedali ad avvertire le persone che sono state a contatto con soggetti ammalati o a rischio, perché in tutte le situazioni di nuovi coronavirus è possibile risalire a questi soggetti tramite l’indagine epidemiologica. Una volta individuate, l’iter è sempre lo stesso”.
In cosa consiste l’analisi?
“Faccio un esempio: il giorno in cui è stato trovato positivo l’ingegnere di Vallefoglia all’ospedale di Senigallia, tutte le persone che sono transitate di lì in quella fascia oraria sono state contattate e messe in isolamento”.
Se le risposte all’esame telefonico sono positive?
“Si indica il paziente come caso a rischio e partono le segnalazioni al 118 e ai servizi sanitari degli ospedali che hanno i reparti di infettivologia (Ancona, Pesaro e Fermo nelle Marche, ndr) e si può procedere al tampone nasale o faringeo che verrà poi analizzato al laboratorio di virologia dell’ospedale di Ancona”.
Chi lo esegue?
“Nelle Marche, il 118 e i medici delle Asl che hanno i kit di protezione adatti. Il paziente viene prelevato con delle ambulanze apposite, in cui i medici sono ‘bardati’, e che poi vengono sterilizzate. Sul posto si decide se trasportare il paziente al pronto soccorso o fargli il tampone a casa”.
Quanto tempo ci vuole per sapere il risultato?
“Tra le due e le tre ore. Poi in caso di positività i tamponi vengono inviati all’istituto Spallanzani di Roma per il secondo check, che esegue le contro-analisi in un massimo di quattro ore dalle prime. Per legge ci vogliono almeno due testimonianze diverse di positività per dire se si deve passare da caso sospetto a caso infetto. Molto spesso se è positivo il primo tampone lo sarà anche il secondo”.
Come funziona la quarantena?
“Accertati i sintomi noi scriviamo il certificato medico al paziente. Se è un lavoratore autonomo verrà inviato all’Inps per certificare la malattia”.
Ha dovuto prescrivere la quarantena a qualche suo paziente?
“A una dottoressa anconetana che era di guardia negli ospedali dall’Area Vasta Nord (Pesaro e Fano, ndr) la notte in cui è stato accertato il primo caso di positività al Coronavirus nelle Marche”.