di ELIA FOLCO
URBINO – Circa 200, tra bar e ristoranti, a Fano hanno deciso di sospendere la loro attività fino al 3 aprile, quando dovrebbe scadere l’ordinanza emanata dal governo.
“Abbiamo preso questa decisione perché tenere aperto in questa situazione era illogico – ha detto al Ducato il responsabile della Unione ristoranti di Fano Giorgio Ricci – ci sono stati cali addirittura del 90% per alcune attività. Non possiamo lasciare aperto per solo 4-5 persone. E non possiamo creare situazioni che rischiano di favorire il contagio”
Ma questa iniziativa non coinvolge soltanto il territorio fanese: ha già iniziato a estendersi in tutta la provincia, raggiungendo anche, conferma Ricci, la provincia di Rimini, con alcune attività che hanno espresso solidarietà al progetto dell’associazione, che ha presentato al sindaco Massimo Seri alcune richieste per tutelare gli interessi delle attività. Oltre alla temporanea chiusura di massa, i ristoratori hanno chiesto:
- moratoria di 120 giorni dalla fine del periodo di emergenza per i pagamenti di Tosap, Tari, gas metano, acquedotto e tributi comunali
- l’equiparazione dei ristoranti alle attività turistiche nel piano di riqualificazione previsto dal decreto dopo la crisi Covid-19
- l’impegno del Comune in un progetto di rilancio per il prossimo triennio
Dall’amministrazione comunale sono arrivati segnali positivi, ma si attende ancora l’incontro tra sindaco e ristoratori. “Le nostre argomentazioni verranno portate dal sottosegretario Alessia Morani all’attenzione del governo, speriamo di avere al più presto una risposta” commenta Ricci.
Un’iniziativa in rapida espansione
La proposta dell’Unione ristoratori sta trovando un grande seguito in tutto il territorio provinciale, coinvolgendo anche zone come Acqualagna, Furlo e Terre Roveresche. “Il nostro gruppo si è allargato moltissimo: in un solo giorno siamo passati da 45 adesioni a 200 tra ristoranti e bar. Ci stiamo diffondendo anche più in fretta del Coronavirus – dice con una battuta Ricci, che aggiunge – l’intervento della Morani testimonia ancora di più l’importanza del nostro operato, le nostre attività non erano neanche considerate nel decreto, ma ora forse potrebbero farne parte”.
Ottenere l’autorizzazione a chiudere tutte le attività ristorative del territorio non è però così semplice: “Bisogna che arrivi l’autorizzazione del prefetto – spiega Ricci – e noi stessi dobbiamo trovare un modo per essere disponibili in casi di emergenza, se per caso le forze dell’ordine dovessero avere bisogno di un ristorante. Potremmo dare il via ad attività di consegna a domicilio, ma ci penseremo. Troveremo anche per questo una soluzione”.
Uno sguardo alla prevenzione
La decisione di chiudere le attività, aggiunge il responsabile dell’Unione ristoratori uniti, è stata presa in primo luogo per ridurrre i casi di contagio. “Siamo comunque di fronte a una situazione di emergenza – ha spiegato – ci sono anche persone che vengono da fuori per lavorare ed entrano in contatto con altri, così si rischia di diffondere il virus. Siamo contenti che anche i gestori di bar si siano uniti alla nostra associazione. Sarebbe bello poter creare un blocco unico che rappresenti tutto il territorio nazionale, anche perché questi sono problemi che riguardano tutti” conclude Ricci.