di STEFANO SCIBILIA
URBINO – Ci sono Paesi, nel mondo, in cui anche fare ricerca universitaria rappresenta un rischio. Sono numerosi i ricercatori che quotidianamente svolgono il loro lavoro in zone critiche, vivono in situazioni di costante emergenza e hanno bisogno di essere tutelati. In questo senso il numero di richieste rispetto a minacce di violenza, tortura, detenzione illecita o azione penale risulta essere in costante aumento. Gli esempi più noti in Italia sono Giulio Regeni, torturato e ucciso in Egitto nel febbraio 2016, e Patrick Zaki, studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto da oltre un anno. Proprio per questo motivo il progetto Scholars at Risk (Sar) nasce negli Stati Uniti con l’intento di assistere gli studiosi minacciati. Anche l’Università di Urbino ha aderito al network internazionale Sar, lanciato per la prima volta in Italia dall’Università degli Studi di Padova il 19 febbraio 2019 attraverso una partnership tra istituti di istruzione superiore e centri di ricerca. Nel costituire il network le strutture di governance delle istituzioni aderenti, oltre a ricercatori, educatori, studenti e personale amministrativo, hanno voluto lanciare un forte messaggio di solidarietà.
Un futuro lontano dai rischi
La missione di Scholars at Risk è quella di offrire un rifugio a chi è minacciato. Per esempio offrendo posizioni temporanee, contratti come professori o ricercatori negli atenei che aderiscono al network. Danno la possibilità di tenere conferenze per raccontare la loro storia, oltre ad analizzare il fenomeno della libertà di ricerca con studi mirati. Sul sito della piattaforma sono pubblicati i report delle zone più a rischio, le stesse dalle quali provengono le richieste di aiuto.
Il contributo dell’Università di Urbino
Le entità partecipanti si impegnano a contribuire concretamente alla promozione e protezione della libertà accademica, insieme a oltre 500 altri istituti superiori in 40 paesi nel mondo. A parlare a Il Ducato dell’adesione da parte dell’Università di Urbino è stata la professoressa Raffaella Sarti, presidente del Comitato Unico di Garanzia per le Pari Opportunità, la Valorizzazione del Benessere di Chi Lavora e contro le Discriminazioni (Cug).
“La proposta è stata avanzata dal professore Stefano Visentin, che fa parte del Cug ed è stata subito accolta da me nella mia qualità di presidente e dal resto del Comitato – afferma Sarti – ci è parso infatti che farci portatrici e portatori di questa iniziativa rientrasse pienamente in quelle che sono le finalità del Cug, che mira a garantire non solo la parità di genere e a valorizzare il benessere lavorativo, ma anche a lottare contro qualunque forma di discriminazione. La governance di Ateneo ha approvato e così abbiamo aderito. Ora organizzeremo degli eventi per far conoscere la rete Sar in Ateneo”.
Inoltre la presidente evidenzia quanto la libertà di espressione sia fondamentale. “Lo è ora e lo sarà nel futuro. Le persone devono potersi sentire libere di elaborare le proprie idee e convinzioni, di manifestarle e di confrontarsi senza essere intimorite, minacciate, perseguitate. Senza libertà di espressione, di ricerca e di insegnamento non ci può essere democrazia”.