di SARA SPIMPOLO
URBINO – Incisore e pittore, urbinate di nascita e maceratese d’adozione, il maestro Carlo Iacomucci è uno degli artisti più rappresentativi delle Marche. Il 2 giugno prossimo, in occasione della festa della Repubblica, verrà insignito dell’onorificenza di commendatore della Repubblica. “Un riconoscimento importante – come ha detto l’artista al Ducato – non so se lo merito o no, ciò che è certo è che io ho dedicato la mia vita all’arte”.
E se è vero come dice che “Urbino mi ha dato le basi, mi ha dato tutto”, è anche vero che con la sua ricerca e sperimentazione artistica lui è stato in grado di portare la tradizione della città ducale, e delle Marche intere, in giro per l’Italia. Oltre ad esserci nato, a Urbino il maestro ha frequentato l’Istituto statale d’Arte, meglio noto come Scuola del Libro, immerso in un’atmosfera culturale che, racconta, “è un grande stimolo per uno studente. Negli anni ’60, quando ci andavo io, la Scuola del Libro era dentro Palazzo Ducale. Salivo sulle scale della torre per andare a fare disegno dal vero”
“Mi sono accorto dopo – continua – di quanto ho assorbito in quegli anni. A Urbino anche l’aria è impregnata di arte e cultura”. Le opere del maestro Iacomucci sono piene di dettagli e simboli che rimandano alla sua città natale, dal duca Federico da Montefeltro all’aquilone, ricordo d’infanzia che è diventato simbolo di libertà e speranza. “Quando ero piccolo io, a Urbino in ogni casa c’era un aquilone. I miei aquiloni sono sempre legati a un filo, che rappresenta l’uomo e la società che stanno dietro a un’ideale di speranza, e portano i sette colori dell’arcobaleno, che sono stati un simbolo anche durante la pandemia”. Pandemia che ha inciso sul lavoro dell’artista, riempiendo le sue opere di forme sferiche che rappresentavano il virus. “Se le riguardo oggi mi mettono un po’ di angoscia”, confessa.
Ma nelle opere di Iacomucci c’è anche tanta luce: nelle gocce bianche che ricoprono le superfici, nei “movimenti ventosi” nello spazio, pennellate che una volta rappresentavano foglie e che poi si sono evolute fino a diventare, appunto, gocce di luce. Il movimento è una delle aree d’indagine predilette dall’artista, come in Via col vento, una delle sue opere preferite, che, dice, lo riporta “all’infanzia, all’Urbino ventosa, a Giovanni Pascoli“.
Biennale e Premio Pegaso
Partendo dalla Scuola del Libro di Urbino, il maestro ha conquistato riconoscimenti nazionali e internazionali, fra cui l’onorificenza di Cavaliere al merito artistico e culturale, nel 2011, e quella di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, nel 2017. Ha partecipato alla Biennale di Venezia e vinto il Premio Pegaso nel 2020. Nel suo curriculum c’è anche la partecipazione alla Biennale d’Arte Contemporanea Premio Marche 2018.
Nei suoi lavori un intreccio di temi si è evoluto con l’artista e con la sua ricerca, che Iacomucci considera “una missione”. Da quando col padre creava degli spaventapasseri per la campagna in cui è cresciuto (“sono orgogliosamente figlio di contadini”) a uno dei massimi riconoscimenti della Repubblica italiana; ma sempre con Urbino nel cuore.