di GUGLIELMO MARIA VESPIGNANI
URBINO – Si è tenuta questa mattina, al Tribunale di Pesaro, la prima udienza del processo sull’aggressione omofoba a uno studente dell’Università di Urbino, avvenuta davanti alla discoteca Colosseo di Montecchio di Vallefoglia.
I fatti risalgono all’ottobre del 2019: secondo le ricostruzioni, la vittima, che allora aveva vent’anni, era uscito dal locale per fumare una sigaretta, vestiva una camicia leopardata. Era bastato questo per diventare bersaglio di minacce e pesanti insulti da parte di un altro ragazzo, che, dopo poco, passò dalle parole alle mani al collo. Al tentativo di difendersi, la vittima venne attaccata anche dagli amici dell’aggressore, i quali danneggiarono anche la sua auto, arrivando perfino ad ostacolare gli operatori dell’ambulanza, chiamata sul posto per i soccorsi. A processo ci sono l’aggressore (un ventenne), un ragazzo e una ragazza di 28 anni.
“È come un’aggressione a sfondo razziale”
L’avvocato della vittima, il pesarese Christian Guidi, commenta così al termine dell’udienza: “Siamo dispiaciuti che la Procura, pur avendo riconosciuto i futili motivi, non abbia voluto riconoscere l’aggravante di discriminazione a sfondo razziale prevista dall’articolo 604/ter del codice penale. Le aggressioni generate dall’odio omolesbotransfobico hanno infatti la stessa connotazione di quelle a sfondo razziale, in quanto assumono un carattere evolutivo-discriminatorio che le equiparano agli episodi di violenza che colpiscono le persone di altre etnie”. Il Ddl Zan, in queste settimane in discussione al Senato, prevede la modifica proprio del 604 ter, per estendere le aggravanti anche a motivi “fondati sul sesso, sul genere, sull’l’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”. A parlare in aula stamattina è stata anche l’Anpi di Pesaro, che non si è costituita parte civile ma che è intervenuta a sostegno morale del ragazzo.
L’avvocato ha poi raccontato come la vittima sta vivendo questo periodo: “Nonostante varie problematiche sta trovando la forza di andare avanti. Purtroppo la sua famiglia non sa niente né del suo orientamento sessuale né dell’aggressione che ha subito, ma per fortuna i suoi amici e le associazioni gli sono stati e gli stanno vicino”.
“Tanti episodi non denunciati”
Arcigay Agorà Pesaro-Urbino si è costituita parte civile: “Una scelta ben precisa, a tutela e a sostegno di un ragazzo che è un nostro iscritto e che ha subito un crimine contro la persona gravissimo – ha dichiarato al Ducato dopo l’udienza il presidente dell’associazione Giacomo Galeotti – le aggressioni a scopo omolesbobitransfobico sono mirate ad intimare alla persona aggredita di non essere ciò che è. Il ragazzo ora sta meglio, ma questi episodi lasciano delle cicatrici che rimangono per sempre”. “Purtroppo ce ne sono tantissime in zona di queste aggressioni – dice Galeotti – noi cerchiamo di occuparcene il più possibile, ma la maggior parte non arrivano comunque a denuncia”.
In merito agli strumenti legislativi che potrebbero aiutare la giustizia e tutelare le persone che subiscono queste aggressioni, Galeotti ha poi aggiunto: “Il Ddl Zan non è solo dalla parte delle vittime, ma anche dei persecutori, in quanto aiuta chi compie atti terribili come questi a comprenderne la gravità. In casi come questi l’aggressore non agisce soltanto una violenza di tipo personale, ma anche una violenza sociale nei confronti di tutta la comunità lgbtqi+. Tutte le persone omosessuali potevano essere al suo posto. Quando lo Stato non approva una legge come il Ddl Zan vuol dire che l’omofobia è istituzionale, in quanto decide di non proteggere le persone lgbtq+ nei confronti degli atteggiamenti discriminatori di questa minoranza. Scegliere di non legiferare è una scelta”.
La prossima udienza del processo si terrà il 7 luglio alle 10.