di ENRICO MASCILLI MIGLIORINI
URBINO – “Ti riconosci nel tuo genere?”, “Esistono ancora lavori più adatti a uomini che a donne?”, “La legge tutela a sufficienza le differenze di genere?”. La ricerca di otto studenti dell’Uniurb sul gender fotografa una realtà di disorientamento che conferma umori politici e sociali intorno – ad esempio – al Ddl Zan. Dall’università gli autori della ricerca si sono spinti nelle strade della città per porre a 50 persone domande sulla differenza tra sesso e genere.
Il sondaggio
Più della metà non crede che il genere sia una costruzione sociale ma che, come il sesso, venga con la nascita. La maggioranza, però, è anche convinta che la discriminazione di genere sia forte e che la legge italiana non tuteli la libera scelta della persona. In queste voci si percepisce il disorientamento che sembra esserci in tutta Italia. In 48 su 49 si riconoscono nel proprio sesso, 29 pensano che alcuni lavori siano più adatti a uomini che alle donne, ma per 33 persone la legge italiana deve combattere l’odio di genere e tutelare invece la parità dei sessi. Ventuno persone su 49 sono indifferenti al gender reveal party, una festa che, per com’è stata lanciata negli Stati Uniti, ha qualcosa di diverso dalla tradizione anche italiana di facilitare parenti e amici nei regali.
C’è chi pensa che sia una tradizione ed è giusto che venga rispettata, ma per altri la festa porta il bambino ad associare il sesso a un genere. Basti ricordare che, fino agli anni ’60, spesso si usava il rosa per i maschietti, a dimostrazione del poco tempo che impiega un’usanza a diventare tradizione. Questa nuova moda, che scoppia intorno al 2012, prevede che alla festa solo i genitori conoscano il sesso del bambino e che gli invitati regalino dei buoni. Nel corso della festa vari giochi svelano il sesso del bambino o della bambina.
Il Pride Month
Il dibattito che ha infiammato le pagine dei giornali sul Ddl Zan, ad esempio, ha portato al centro di un duro scontro politico temi come l’insegnamento gender nelle scuole. Proprio per questo i ragazzi hanno creato un canale Telegram, come parte dell’esame, per sensibilizzare sulle identità non binarie (o gender fluid). Si chiama “No labels”, letteralmente “niente etichette”.
Gli intervistati vanno da 19-23 anni a più di 50, l’età media è di 30 anni. Anche il gruppo di ricerca è un riassunto di diversi spiriti: è il team composto dai ragazzi rimasti fuori dagli altri gruppi già formati. “Non ci conoscevamo da prima, le domande quindi vengono da persone completamente diverse. Abbiamo accettato la sfida, però, e ci siamo messi alla prova con un tema difficile” dice Iris Pernarella, una delle creatrici del sondaggio. Interessanti anche le proposte che hanno accompagnato le riposte al sondaggio.
Interessanti anche le proposte che hanno accompagnato le riposte al sondaggio. Molti tra i ragazzi pensano che sia ora di cambiare le vecchie abitudini con nuovi costumi e che, al momento della nascita, vadano regalati oggetti unisex. Un’idea che ha rilanciato anche la figlia di Brad Pitt e Angelina Jolie, nata Shiloh ma ora per tutti John. “I ragazzi vedono la politica lontana dai temi di genere, non per timore reverenziale verso il Vaticano, ma per un problema generazionale” conclude Pernarella. Pensano che serva un ricambio generazionale in Parlamento e, che siano di destra o sinistra, credono che i loro coetanei si spenderanno per le battaglie civili, come la tutela della parità di genere.