C’è una Casa degli artisti nella Gola del Furlo. È l’oasi di Antonio e Andreina

Di ALICE TOMBESI

GOLA DEL FURLO – C’è una donna, tra le montagne della Gola del Furlo, che da 52 metri d’altezza si sta tuffando nelle acque della diga. Nel frattempo una danzatrice prova a rimanere in equilibrio, sospesa su dei cavi d’acciaio tesi tra una casa e una quercia. Poco più in là, un uomo tenta di volare: punta a nord ma le sue ali sono troppo piccole e si stacca da terra a fatica, solo di qualche metro. Non sono reali ma lo sembrano: tre figure dalle sembianze umane che rivelano le fasi della vita dell’uomo o, per lo meno, di un uomo, Antonio Sorace. È lui l’autore di questo trittico di sculture che, dal tuffo nell’ignoto alla ricerca di equilibrio fino all’uomo che prova ad elevarsi, lo ha accompagnato nei momenti più importanti. 

Foto Marchetti

La Casa degli artisti: il tuffo di Andreina e Antonio

Come quando nel 2000, Antonio e Andreina de Tomassi, la sua compagna, decisero di abbandonare il caos di Roma per trasferirsi al Furlo. “L’Enel aveva messo all’asta questa casa degli operai elettrici, parte di un villaggio autonomo operaio del 1919 con le sue piccole torri colombaie, i sei orti, i cavalli e il fiume sotto casa” afferma Antonio. È lì che vive oggi la coppia romana: trasformata in una fucina d’arte nel 2010 – quando è nata l’associazione culturale La Casa degli artisti – ha visto passare più di 450 tra pittori, scultori, ceramisti, fotografi e performer. Ogni anno Andreina e Antonio organizzano la Land Art al Furlo: un evento durante il quale dopo essersi iscritti al bando e presentato il loro progetto, gli artisti selezionati arrivano qui. L’edificio è molto grande, 1000 metri quadrati divisi in nove stanze e due mansarde, dove alloggiano in 30 senza dover pagare nulla. In cambio lasciano il frutto della loro creatività.  

E così, negli anni, l’arte ha riempito ogni spazio. Poco prima della casa, C’è La tavola dell’accoglienza: sedici piattaforme, ognuna dipinta da un pittore diverso, che unite insieme creano un tavolo lungo sedici metri dove ogni anno si riuniscono per il pranzo di Pasqua. Oltre l’Ego, invece, è un’opera a otto mani e ogni scultore ha avuto a disposizione la sua pietra. La creazione assomiglia a un totem: alla base un Minotauro regge l’universo che produce fuoco che genera suono e in cima c’è l’energia pura, rappresentata da un angelo. Nel bosco di fronte alla casa, tra querce e frassini, sono nascoste centinaia di opere. Limes ha la forma di un muro, un confine appunto: ricoperto di specchi al suo interno, il visitatore vede la sua immagine riprodursi all’infinito. Ma appannati e rovinati col passare del tempo, non permettono di vedere più oltre se stessi. Limes segnala l’inizio del percorso, un cammino nel bosco composto da piattaforme di cemento leggero, ognuna con una rappresentazione diversa.

[aesop_gallery id=”296220″]

Da figli del ’68 a mecenati d’arte nel bosco

Sono 35 anni che Andreina e Antonio condividono lo stesso stile e visione di vita, proiettata all’arte e alla tutela dell’ambiente. Figli delle rivoluzioni del 68, la cui impronta ne ha forgiato le menti, nei primi anni del 2000 sono voluti tornare alle origini marchigiane. Nata a Milano, lei, con la mamma di Pesaro ma vissuta per la gran parte degli anni a Roma. Aveva gestito due gallerie d’arte prima di entrare al quotidiano Repubblica nel ’78. Si occupava di spettacoli ma sempre con l’occhio rivolto all’arte. “Antonio scattava che accompagnavano i servizi che scrivevo, è così che ci siamo conosciuti”. Lui è nato e cresciuto a Roma, ma con la mamma di Passo del Furlo. Collaborava come fotografo al supplemento Viaggi di Repubblica ma da sempre appassionato di scultura. Iniziarono a cercare un posto dove trasferirsi da Roma a partire dalla fine degli anni Ottanta. Nel 2000 Andreina diventò ‘inviata sradicata’. Si inviò nelle Marche nel 2005 e lasciò definitivamente Repubblica. 

Da villaggio operaio a villaggio artistico

La casa degli operai, oggi trasformata in una sorta di comune di artisti, era conosciuta come la casa della gioia per i frequenti balli con la fisarmonica e i pranzi tutti insieme. Agli inizi degli anni Novanta venne chiusa e messa all’asta. “In tutto sono cinque ettari: uno di proprietà e quattro in comodato d’uso dall’Enel” dice Antonio che, con Andreina, si sono divisi sin da subito le mansioni: lui, da ecologista di lungo corso, si sarebbe occupato della casa – riscaldamento a legna, recupero dell’acqua piovana e vernici atossiche per la tinteggiatura esterna- lei del giardino, prendendo spunto dai consigli di una paesaggista. Nel 2010 aprono l’associazione culturale La Casa degli artisti.

“Abbiamo cominciato con una land art pura” dice Andreina. Nata in America negli anni Sessanta, la land art è un movimento che si contrappone alle gallerie e a un sistema d’arte chiuso. L’elemento principale, però, risiede nel fatto di creare opere utilizzando materiali del luogo. “Col tempo abbiamo visto che le creazioni non duravano a lungo – continua Andreina – e abbiamo cominciato a usare materiali diversi ma sempre compatibili. Nel nostro statuto la prima regola è la salvaguardia della biodiversità”. L’associazione è anche residenza creativa e laboratorio di restauro per l’Università di Urbino. Quest’anno gli artisti arriveranno dal 21 agosto perché si inaugurerà la XII edizione di Land Art al Furlo: “Non facciamo pagare nulla né vendiamo nulla: è un baratto culturale il nostro” e al loro arrivo c’è un cartello ad accoglierli. Recita: “Area di rispetto del sentire” dell’artista Lughia. 

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra e di terze parti maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi