ENRICO MASCILLI MIGLIORINI
URBINO – “C’è un fumetto ambientato nell’antica Roma, Therme Romae, in cui un architetto nell’età di Adriano è in crisi creativa e, mentre sta facendo una bagno alle terme, viene risucchiato da un vortice e sputato nella Tokyo contemporanea.” spiega il professor Mario Roberto Danese nel suo ufficio al secondo piano della Biblioteca di San Girolamo. “Vede le meraviglie tecnologiche e, risputato nell’antica Roma, diventa un architetto di successo. Questa è una felice via di comunicare l’antico, e ti fa vedere che culture lontanissime come quella latina e quella giapponese comunque condividono qualcosa, anche se è la passione per i bagni pubblici”.
Mario Roberto Danese insegna filologia classica all’Università Carlo Bo ed è uno dei più grandi studiosi di Plauto in Italia. All’autore comico latino ha dedicato i “Ludi plautini sarsinates”, un ciclo di conferenze e spettacoli teatrali che si tiene ogni anno a Sarsina (Forlì-Cesena), città natale del commediografo romano. Sabato 4 settembre ha ricevuto a Giardini Naxos – in provincia di Messina- il premio “Comunicare l’Antico”, un’occasione in cui si riconosce lo sforzo di raccontare al grande pubblico una ricerca estremamente specialistica. “L’antico si comunica avvicinandolo alla gente, questo è lo scopo del premio”, afferma Danese.
Comunicare l’antico
“Si tratta di trovare una mediazione tra la ricerca universitaria e gli effetti della ricerca sul pubblico. Il premio è un riconoscimento per tutti quelli che stanno lavorando nel Centro internazionale di studi plautini, soprattutto le ragazze e i ragazzi. Un onore che fortifica qualcosa che poteva essere criticato e abbattuto e ora viene riconosciuto come una delle cose più nuove e, forse, utili per la storia dell’antico”. Con Danese infatti sono stati premiati anche i produttori delle serie televisive Romulus e Barbarians, la prima recitata addirittura in una sorta di protolatino, entrambi risultati dello sforzo di trasmettere cultura antica al grande pubblico.
I “Ludi plautini”, di cui si aspetta la 4° edizione, nascono in origine come “Lecturae Plautinae Sarsinates”, dei cicli di conferenze che sono durate più di venti anni. “Poi tutto è nato da un errore”, racconta Danese. “Una compagnia mi chiese di fare un a traduzione per l’Asinaria. Feci una gran traduzione: bellissima da leggere, ma faceva schifo sulla scena”. Da qui la necessità di un incontro tra il mondo teatrale e quello universitario: chiamare gli studiosi di Plauto da tutto il mondo e farli confrontare con attori e registi che portano Plauto in scena. Per far questo serve conoscere i linguaggi di ogni epoca e studiare l’antico sapendo che anche se dipendiamo da loro, non siamo loro”.
Democratici schiavisti
“Ogni epoca che ha studiato l’antico lo ha trasformato in qualcosa che potesse vivere quel tempo lì. Così nella Francia del Re Sole gli dei dell’Olimpo nell’Iliade e nell’Odissea si davano del voi e non del tu perché a Versailles i nobili si davano del voi. Ma si pensi a Gods behaving badly, dove l’Olimpo si è trasferito a Londra: Afrodite gestisce una chat line, Apollo fa gli oroscopi in TV e Dioniso ha un pub”.
Due esempi evidenziano come si usi il classico per ricreare qualcosa che classico non è. Spesso usato come giustificazione per comportamenti che non tengono conto della diversa mentalità che divide la nostra epoca dall’antico. Si pensi alla democrazia dell’antica Grecia, quei democratici erano maschilisti, sciovinisti e schiavisti. “Il messaggio più importante dei greci e dei latini è averci insegnato a parlare e scrivere”, chiosa Danese. “La struttura linguistica è il nostro vero patrimonio, le abbiamo ereditate. Grazie alla lingua la scienza e la poesia comunicano”.
Da Plauto per esempio si impara che il teatro fa ridere e che, ridendo di difetti e atteggiamenti curiosi ed eccesivi, li rivediamo in noi e ridiamo di noi. Questa semplicità spiega la fortuna della commedia di Terenzio e Menandro che, grazie alla commedia dell’arte cinquecentesca italiana, vive ancora oggi. “È un teatro difficile e leggero insieme, che porta riflessioni intellettuali tra la gente più povera grazie alle maschere. E non dobbiamo scordare che è l’elemento culturale che ha cementificato l’Europa”.
La commedia come linguaggio universale
La differenza tra teatro intellettuale e quello popolare secondo Danese è stata annullata, la prova è la fortuna di Urbino Teatro Urbano, dove il teatro intellettuale va in scena sotto le spoglie della commedia dell’arte. “Il teatro intellettuale fa addormentare se il pubblico non è prearato, bisogna trovare dei linguaggi che portino l’intellettuale al pubblico. La commedia, pur finta e grottesca, è coinvolgente e soprattutto ha una finalità politica perché vive nelle piazze e mantiene attivo il ruolo del pubblico”.
Il senso di questo premio è che bisogna sforzarsi di comunicare con tutti, come faceva lo stesso Plauto quando i greci delle sue commedie non usavano il greco dell’Atene classica, ma il dialetto che si parlava nell’Italia meridionale. La comunicazione in questo senso è il frutto dello sdoganamento di un linguaggio dialettale che poi è diventato un linguaggio teatrale, come oggi una battuta in napoletano viene compresa anche a Milano, grazie al lavoro di Eduardo e Totò. “È la lingua internazionale del teatro – chiude Danese- ho degli amici che hanno recitato in veneziano in Iran e li hanno capiti lo stesso”.