di GIORGIO ZANCHINI
URBINO – Da Dante agli ipersocial, Da Stefania Auci ad Emilio Isgrò. Come in diverse edizioni del passato basta il titolo scelto per il Festival di quest’anno, e i nomi di chi terrà le lectio di apertura e chiusura, per intuire le anime che sin dall’inizio di questa avventura distinguono il Festival del giornalismo culturale. Mettere a confronto il mondo della cultura e il mondo del giornalismo, scoprire i reciproci interessi e frutti, analizzare limiti e incomprensioni. Come e quanto dialogano, come evolvono contenuti e forme della presenza degli artisti sui media, e i modi in cui i giornalisti si occupano di culture. C’è ovviamente una terza ed importantissima gamba, quella della ricerca, dei contributi originali dei sociologi dei media, ma non insisterò su questo punto e rimando all’intervento della professoressa Mazzoli sempre in queste pagine.
IN EDICOLA – Il numero speciale del Ducato dedicato al Festival del giornalismo culturale
Quest’anno il filo rosso rende peraltro l’incontro tra media e cultura quasi meta giornalistico, nel senso che al centro ci saranno le parole, il linguaggio che i media usano per parlare di cultura, informare, mostrare, raccontare. Le parole del giornalismo politico, di quello economico, la lingua dei social – e capire il lessico significa leggere meglio la realtà dietro le parole, e quindi la cultura dentro cui viviamo -, e poi più specificamente la lingua che si usa nelle pagine culturali, le immagini e i sonori che si scelgono per le trasmissioni. Uno degli incontri ha il seguente titolo: Linguisti e giornalisti, un incontro possibile. Ecco, come migliorare il modo in cui informiamo, e formiamo, l’opinione pubblica?