di MARIA ELENA MARSICO
URBINO – L’architetto e designer argentino, Emilio Ambasz, dice di essere stato anche in passato a Urbino, da studente. Oggi, in abito scuro, gli occhiali da vista e il sorriso rivolto alla platea, è “gratissimo” di ricevere il Sigillo delle arti da parte dell’Accademia di Belle Arti di Urbino e dall’Università Carlo Bo. “Ero un ragazzo di poche idee, a nove anni ho deciso di fare l’architetto senza sapere cosa fosse” racconta al Ducato. Oggi è uno dei pionieri dell’architettura che incontra la natura, uno dei precursori della green architecture, vincitori di premi, scrittore di libri. Al Moma di New York c’è un istituto di ricerca che porta il suo nome. Nello stesso museo è stato curatore del dipartimento di Architettura.
Il sigillo delle arti
Il sigillo a lui conferito è un riconoscimento creato in accordo dalle due istituzioni – con il nuovo tema delle arti – realizzato dall’Accademia e dalla scuola di scultura con l’utilizzo della stampante 3D. L’oggetto ritaglia una parte del corteo dionisiaco guidato da due centauri musicanti, una rilettura – e non una copia – di un apparato decorativo di Palazzo Ducale, a opera di Michele di Giovanni da Fiesole. In questa “riedizione” c’è la mano di un artista contemporaneo, Luigi Carboni, professore di pittura.
“L’idea dei sigilli è un riconoscimento importante e più snello rispetto ad altre onorificenze perché non ci vuole molta burocrazia – dice il rettore dell’Università Carlo Bo, Giorgio Calcagnini – Quello delle arti è stato creato dall’Università e dall’Accademia per celebrare i maestri universali e la città di Urbino”. A giugno era stato conferito al regista tedesco Werner Herzog. “Sancisce l’unione e la vicinanza tra le due istituzioni” sottolinea Alessandro Allemandi, presidente dell’Accademia.
Alla cerimonia di consegna sono presenti Ambasz, Allemandi, Luca Cesari, direttore dell’Accademia, Calcagnini e Raffaele Milani, professore di estetica all’Università di Bologna. Tra il pubblico ci sono anche il vicesindaco Massimo Guidi e il direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Luigi Gallo.
Ambasz che forgia sogni
Prima della laudatio di Milani, rivolta all’architetto, e del conferimento del Sigillo da parte di Calcagnini, viene descritto il modo di progettare e di creare del Maestro che viene definito da Cesari “Maestro delle immagini” che precedono le idee, così come le favole e la poesia. “Nel suo lavoro ci sono pura immaginazione e narrazione” dice il direttore.
Milani, poi, nel corso della sua laudatio, parla del lavoro di Ambasz usando l’espressione “forgiare un sogno”. Avrebbe infatti la potenza di uno sguardo anticipatore e di un sogno anteriore. E quando nel porgergli una domanda il professore si scusa per essersi dilungato, l’architetto risponde “Non è questo il peccato. Il peccato è che continui a presentarmi così intelligente”, a testimoniare una sottile e brillante ironia, un’umiltà forgiata nel corso della sua carriera, anche quando le proprie opere abitano tutto il mondo.
“Il verde sopra il grigio”: un progetto abitabile
Uno dei punti e degli oggetti centrali del suo lavoro, da cui partire e dove approdare, è la natura. Nel suo modus operandi c’è un dialogo tra vita e natura, una strategia progettuale che segue il principio “del verde sopra il grigio”. “Noi siamo intrusi nella natura. Ogni cosa che facciamo richiede un gesto di riconciliazione” dice Ambasz. Concetto che nelle sue opere non è astratto, retorico o ideale. È concreto, o – per dirlo in termini architettonici – abitabile. Un esempio è l’Ospedale di Mestre che all’interno ospita una serra: “Ho visitato diversi ospedali e mi sono sempre sentito come un intruso. Avrei voluto ricevere un bouquet di fiori, avrei voluto quella percezione. Perciò ho pensato che chi andasse in quella struttura entrasse in una grande serra. Questo non cura nessuno ma contribuisce al ricovero dei pazienti”. Un architetto nel commentare il suo progetto gli aveva detto che sembrava fosse qualcosa di Walt Disney. La risposta di Ambasz: “Sarei felice se la gente uscendo da quell’ospedale avesse lo stesso sorriso che hanno le persone dopo essere usciti da qualcosa della Disney”. Sorride, e lo stesso fa il pubblico in platea composto per lo più da studenti.
La sua idea di incontro tra natura e architettura, inoltre, non si limita all’applicazione di alberi sui balconi a uso commerciale – come fa notare in modo sottile, senza fare nomi, ma il riferimento al Bosco verticale è tutt’altro che velato – ma è un progetto che mette al primo posto la sostenibilità e il miglioramento delle condizioni di abitabilità, cogliendo la forza nascosta della natura.