di DAVIDE FANTOZZI e CECILIA ROSSI
URBINO – Due metri e mezzo di neve, un’altezza tale da bloccare, per diversi giorni, le porte delle case. Dove dentro stavano gli urbinati, che una nevicata del genere non l’avevano mai vista. A raccontare il gelo, la paura e l’incredulità vissuta appena dieci anni fa, è Claudio Ovarelli, ex capo distaccamento dei Vigili del fuoco. È stato lui a coordinare i soccorsi per portare aiuto dove c’era bisogno: sui tetti di fabbriche e case appesantiti da cumuli bianchi, alle finestre usate come usci di fortuna e persino a scortare una futura mamma pronta a partorire.
Un’atmosfera difficile da dimenticare. Per ben “19 giorni di emergenza piena”, come l’ha definita Ovarelli, per tutta Urbino ha regnato il silenzio. Tra i vicoli, la piazza e persino lungo corso Garibaldi fino ai torricini, a riecheggiare era solo il rumore incessante dei refoli. “Era un silenzio che metteva paura. La paura era dentro, quella di non farcela, che crollasse qualcosa” ha ricordato Ovarelli, “era come se fosse stata una guerra. Non si sentiva niente”.
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E proprio come durante un conflitto, da tutta Italia sono arrivati uomini e donne delle forze dell’ordine per partecipare ai soccorsi. Una gara contro il tempo e contro il freddo che poteva essere combattuta solo con ruspe, ciaspole e tanta forza di volontà. “In poco tempo ci siamo ritrovati in 80 in caserma” spiega Ovarelli.
Tra un salvataggio e l’altro, qualche momento per fermarsi a pensare alla situazione in cui si era trovati all’improvviso. Poi si ripartiva col lavoro, ininterrottamente per quasi tre settimane. “Ci guardavamo negli occhi io e i miei colleghi. Loro senza palare sembravano chiedermi: ‘Claudio ce la facciamo ad andare avanti?’ ha raccontato Ovarelli. Grazie al materiale fotografico e audiovisivo raccolto dal Ducato, ecco la testimonianza di uno degli eventi che più hanno scosso la città di Urbino.