di SARA SPIMPOLO
URBINO – “Siamo amareggiati, ma non ci arrendiamo”: è questo il segnale che arriva dall’associazione Luca Coscioni dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato ieri inammissibile il referendum sull’eutanasia legale. Un referendum che, se fosse passato, avrebbe introdotto l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (“omicidio del consenziente”). L’Alta Corte ha spiegato in un comunicato che, in quel caso, “non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Una decisione che, pur nel rispetto delle decisioni della Corte, le associazioni che chiedono di introdurre l’eutanasia legale in Italia hanno accolto con sfavore.
La reazione dell’associazione Coscioni
“C’è molta amarezza, per diversi motivi”, commenta al Ducato Ruggero Fabri, il responsabile dell’associazione Luca Coscioni per la provincia di Pesaro e Urbino, “ma non intendiamo arrenderci. Intanto il numero bianco dell’associazione è sempre attivo, e ogni giorno si rivolgono a noi persone che chiedono aiuto. Il 20 febbraio avremo un consiglio generale nazionale, durante il quale discuteremo della questione e delle iniziative future da intraprendere, coinvolgendo tutti e tutte coloro che hanno partecipato alla raccolta firme per il referendum”.
Una campagna che aveva raccolto 847.549 firme in tutta Italia e che, secondo Fabri, “nella nostra provincia ha avuto un successo di adesioni mai avuto in passato. Tanto entusiasmo, tante firme raccolte, tanti tavoli. Abbiamo ricevuto l’aiuto di molti: la risposta di cittadini e cittadine è stata molto positiva anche al di là dei semplici dati”. Nella provincia di Pesaro e Urbino ci sono stati 11.841 firmatari, 1.100 sono nel territorio di Urbino.
“Questo è un primo motivo per cui – spiega Fabri – oggi c’è tristezza per la bocciatura della Corte Costituzionale”. Una decisione a suo giudizio “molto politica, e non giuridica”. “Qualcuno ha detto che il referendum era il mezzo sbagliato attraverso il quale affrontare la questione – spiega –, che ci vuole una legge. Ma sono nove anni (da quando l’associazione Luca Coscioni raccolse le firme per un’iniziativa di legge popolare che non venne raccolta dal Parlamento) che la situazione a livello legislativo non si sblocca. Il referendum sarebbe stato un modo di accelerare i tempi e avere una legge, perché il Parlamento mi sembra molto indietro”.
“Il secondo motivo che ci porta a essere amareggiati – spiega Fabri – è che viviamo in una regione, le Marche, dove la questione è molto sentita, dove sono in tanti a pensarla come l’associazione Coscioni. E dove ci sono già due persone (‘Mario’, in provincia di Ancona, e ‘Antonio’, in provincia di Fermo) che hanno ottenuto una risposta positiva alla loro richiesta di procedere al suicidio assistito”.
La storia di ‘Mario’
Proprio in merito al suicidio assistito – questione diversa dall’eutanasia legale, ma che a essa di connette –. solo pochi giorni fa l’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche ha stilato una relazione sul caso di ‘Mario’, il paziente marchigiano tetraplegico di 43 anni che aveva chiesto di potere ricorrere al suicidio medicalmente assistito. Dopo più di un anno di battaglie legali, l’Asur ha dato il via libera all’uso del farmaco – il Tiopentone – che era l’ultimo tassello mancante perché ‘Mario’ potesse effettivamente accedere al suicidio assistito in Italia. Suicidio assistito che è legale alla presenza delle quatto condizioni indicate dalla Corte Costituzionale nella sentenza “Cappato-Dj Fabo”.
Qualche mese fa, Mario aveva ricevuto l’ok da parte del Comitato Etico sulla sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla sentenza della Consulta: “Ora non manca più niente – spiega Fabri – e sarà Mario a potere scegliere se e quando procedere”.