Divina Commedia tradotta in architettura. “Danteum” in mostra a Palazzo Ducale

Il direttore di Palazzo Ducale, Luigi Gallo, alla mostra sul Danteum
di ROSSELLA RAPPOCCIOLO

URBINO – La Galleria nazionale delle Marche è teatro della prima esposizione in assoluto del Danteum, un sontuoso edificio, rimasto su carta, che voleva tradurre in architettura le parole del Sommo Poeta. Rappresentato in 22 tavole, il progetto architettonico richiama anche nelle forma la Divina Commedia, con ambienti ispirati a Inferno, Purgatorio e Paradiso. Il Danteum si inserisce all’interno della mostra in esposizione fino al 27 marzo dal titolo “Città di Dio. Città degli uomini. Architetture dantesche e utopie urbane” a cura del direttore di Palazzo Ducale Luigi Gallo e Luca Molinari. “La mostra è nata con l’idea di partecipare alle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri” ha spiegato Luigi Gallo al Ducato.

Una mostra dalla natura architettonica che Gallo si augura essere solo “il primo di una serie di appuntamenti in cui l’architettura parli al di fuori dei soliti luoghi, riportando il discorso nei musei”. L’esposizione ospita infatti oltre 100 altri progetti di architetti contemporanei ispirati al Danteum che rimane il fulcro e si interseca anche con Città ideale, uno dei capolavori della raccolta permanente di Palazzo Ducale, ricollocata per l’occasione. “Così come la Città ideale è il monumento alla politica di Federico da Montefeltro, un ritratto all’idea umanistica dello Stato, così il Danteum è il prodotto più alto dell’architettura in un momento in cui si vanno definendo i principi base della storia della letteratura italiana nel 900″.

Il Danteum era un progetto innovativo ideato nel 1938 da due dei maggiori esponenti dell’architettura razionalista, Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni, pensato per via dei Fori Imperiali a Roma. Approvato dal governo Mussolini che ne avrebbe fatto un simbolo dell’Italia fascista, l’edificio non fu però mai realizzato a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. In seguito le tavole rimasero conservate nell’Archivio Lingeri di Milano fino alla mostra a Urbino.

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