di LA REDAZIONE
FERMIGNANO – Tiene stretta tra le mani una candela. È il suo modo per dire basta alle bombe da cui la sua famiglia si deve nascondere. Mariia Fedun, studentessa proveniente dall’Ucraina, vive a Fermignano ormai da sei anni: “Mi sono sentita subito accolta. Questa è casa mia. Tutte queste persone in piazza mi scaldano il cuore, mi sento protetta dal calore dei miei concittadini”.
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Poco prima, con a fianco Mariia, il sindaco di Fermignano, Emanuele Feduzi, ha preso la parola, per aprire la manifestazione organizzata dal Comune contro la guerra in Ucraina: “Vi dico grazie, perché nonostante il freddo siamo in tanti”. Parla al microfono di fronte a un centinaio di persone radunate in piazza Giuseppe Garibaldi, illuminata dalle fiaccole e colorata dalle bandiere della pace. Una di queste, più grande delle altre, stesa come un lenzuolo. A stringere uno degli angoli è una maestra dell’asilo, chiusa nel piumino bianco. In mano un cartello di cartone che esclama “No War!”. “Sono una vecchia comunista, l’abbiamo cucita insieme ai bambini. Per fortuna per loro la guerra è qualcosa di inconcepibile”.
Le speranze dei bambini
“Ringrazio soprattutto i più piccoli che sono quelli che hanno fatto i disegni. Sono loro che dimostrano che Fermignano è una città che si schiera per la pace” prosegue il primo cittadino. Sotto la bandiera gialla e blu, affissa sulla facciata del municipio, i disegni dei bambini lanciano un segnale di speranza. Per loro la guerra è qualcosa di inconcepibile e sgridano Putin per il suo cattivo comportamento. Con i colori hanno disegnato simboli della pace, carrarmati cancellati con una “X”, bandiere della Russa e dell’Ucraina una vicino all’altra, quella della pace. Un Mondo con la faccia felice.
Alcuni di quei bambini questa sera portano al collo un cartello che recita l’articolo 11 della costituzione: “L’Italia ripudia la guerra”, concetto ribadito negli interventi al microfono da Spartaco Giordano, presidente dell’Anpi Fermignano. E infatti il sindaco aggiunge : “Si tratta di un popolo che si difende, è una lotta come la resistenza dei nostri partigiani”. Prende la parola il parroco, Don Pippo, che invita tutti a recitare un Padre nostro, e a pregare per i fratelli dell’Ucraina. “La pace è sia dentro di noi che fuori da noi, ma si deve costruire giorno per giorno” dice.
La paura di Mariia per i suoi parenti
Mariia racconta che nelle zone di guerra sono rimasti i suoi genitori, gli zii e i cugini. “Là ci si può solo nascondere, ci sono le sirene accese tutti i giorni e quando suonano devi lasciare tutto”. La madre e il ‘padre di Mariia abitano vicino a Ivano-Frankivs’k, al confine con la Romania, mentre lei vive qui solo con il marito e la sorella. “Sento i miei genitori tutti i giorni su Whatsapp, ma oggi le comunicazioni sono state interrotte e ho avuto paura senza sentirli per ore”. Però aggiunge: “Loro sono in campagna e stanno bene, è in città che arrivano le bombe. Temo molto per gli altri miei parenti, che vivono al nono piano di un palazzo. L’unico posto sicuro è il seminterrato”.
E mentre in Ucraina migliaia di persone si spostano verso Polonia, Romania e Ungheria per sfuggire ai bombardamenti, c’è chi si dirige nella direzione opposta. “Mio cugino vive in Germania da anni, ha 45 anni , fa l’operaio lì e sta bene. Ma appena ha saputo che la guerra era iniziata non ci ha pensato molto ed è subito tornato in Ucraina” racconta Mariia. “Ce ne sono tanti come lui, che non vogliono abbandonare il Paese, perché preferiscono combattere e morire che lasciarlo nelle mani dei russi”.
La corsa in pulmino per salvare la famiglia
I cittadini ucraini a Fermignano sono 26, ma da oggi ce ne sono quattro in più. Si tratta della famiglia di Vladimir, appena arrivata dall’Ucraina. Vladimir lavora come operaio a Fermignano da anni, mentre la sua compagna e i suoi bambini vivono in Ucraina. O meglio, ci vivevano, fino a ieri. A raccontarci la sua storia è il sindaco di Fermignano, perché Vladimir preferisce non parlare. “Vladimir è partito tre giorni fa per la Polonia. Ha noleggiato un pulmino apposta per andare a prendere la sua famiglia, tra cui un bambino di appena otto mesi” dice Feduzi, che racconta la storia del suo concittadino al Ducato.
“Lui non poteva superare il confine ucraino o sarebbe rimasto bloccato, quindi i suoi famigliari hanno fatto a piedi i 38 chilometri che li separavano dalla Polonia, hanno raggiunto Vladimir e sono ripartiti tutti insieme verso l’Italia. Ora sono tutti qui e stanno bene”.
Ma i genitori di Vladimir sono rimasti a Leopoli sotto le bombe, perché a quell’età “non se la sentivano di lasciare la loro casa e il loro Paese. Io farei lo stesso probabilmente, non riuscirei a lasciare l’Italia con facilità” confessa Feduzi.