DI EMILIA LEBAN
URBINO – “Quando suona la sirena devi scendere giù. Non si sa per quanto tempo resterai dentro quel bunker: un’ora, forse due. E poi, quando passa l’allarme si torna in superficie, in una situazione di quasi normalità”. La giornalista di RaiNews, Emma Farnè ha raccontato al Ducato la sua esperienza di inviata in Ucraina, accompagnata dal suo cameraman Marco Nicois.
Si trovano a Dnipro, nel sud est dell’Ucraina. L’allarme suona più volte al giorno. “Ti svegli la mattina pensando di poter raccontare dieci storie – spiega Farné – ma poi suona la sirena e per un po’ ti devi fermare”. Ormai fa parte della quotidianità di tutti i cittadini di Dnipro: “Oi, ti richiamo tra mezz’ora, che nel bunker non prende”. È una frase che hanno sentito molto spesso. Una volta giù, poi, si ha l’occasione di fare amicizia, di conoscere i volti del luogo: sottoterra c’è una comunità intera, dai bambini agli anziani.
INVIATI DI GUERRA – Inviati di guerra con elmetto e taccuino. “Così raccontiamo l’invasione russa” | il Ducato
L’acqua al sapore di limone
Il bunker dove Nicois e Farné si rifugiano è un ex ufficio, convertito in centro di raccolta. Le stanze sono piene di ogni cosa immaginabile che possa servire durante una guerra. Acqua, quaderni, penne e matite, scarpe e coperte. Tutti beni che sempre più difficilmente reperibili nei supermercati. “Non si trova più acqua – dice la reporter – l’unica rimasta era l’acqua al sapore di limone. Forse perché costa di più”. Cominciano anche a mancare le scatolette di tonno, i ceci e, soprattutto, il pane.
Le Molotov della resistenza
Tutti, dai ragazzini di 18 anni agli anziani, sono combattuti da un dilemma: unirsi alla resistenza o fuggire via, sottolineano. Questa situazione di dualità è evidente ovunque si volti lo sguardo. “Il nostro hotel ha cominciato a mettere le barricate alle finestre. A pochi passi, invece, c’è un bar che ha tirato fuori tavolini e sedie”, dice il cameraman. “Le persone si preparano alla resistenza – testimonia la giornalista – sono persone normalissime: commesse di negozi di intimo, baristi e professori. Chiedono le ferie al lavoro per andare a combattere, e i loro capi non sospendono lo stipendio. Anzi a volte aggiungono anche un extra”.
Uno dei reportage a cui hanno lavorato riguarda la preparazione delle bombe Molotov, “in caso i carri armati russi dovessero entrare in città”. “Ci sono persone che portano centinaia e centinaia di bottiglie ogni giorno”, dice lei. Hanno paura. “Ma la paura è sana – aggiunge Farné – Un po’ ci si abitua ma voglio continuare ad avere paura perché mi protegge”. Nicois conclude dicendo: “Noi siamo abituati ad avere un peso sullo stomaco e sul cuore, per conservare la freddezza e raccontare quello che vediamo”.