di BEATRICE GRECO
URBINO – “Non dico che ne ho paura. Ma se mi dovessero chiedere di entrare in Ucraina, lo farò con grande attenzione. Ci proverò nonostante tutto, perché è questo il mestiere che facciamo”. Corrado Zunino, inviato di Repubblica, fino a domenica era sul confine tra Ucraina e Polonia, nei pressi dei varchi di Budomierz e di Dorohusk, per raccontare le lunghe file di profughi in fuga dalla guerra. Ora è a Cracovia. “Per esigenze del giornale – spiega – sono tornato qui. In Ucraina ci sono già altri colleghi ed è importante raccontare anche altri tipi di storie, raccontare cosa succede fuori”.
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Dopo due giorni e mezzo sul confine, passerà un periodo nella città polacca e poi si riavvicinerà alle barriere. “Io non ho esperienze di guerra – ammette il giornalista – tutta la mia generazione non ne ha, in realtà. Ho fatto esperienze importanti: ero presente per gli attentati di Parigi del 2015, ho raccontato il terremoto del 2016 e la slavina di Rigopiano del 2017. Sono situazioni che ti forgiano, ti abituano a scrivere in condizione precarie, ma la guerra è diversa. È almeno tre o quattro scalini più in alto. Devi descriverla, devi provarla sulla tua pelle, ma devi contemporaneamente stare al sicuro. Due cose non semplici”.
Chi scappa e chi torna a combattere
“Non c’è solo gente che scappa, c’è anche chi rientra in Ucraina – ha un tono sorpreso Zunino, mentre racconta ciò che ha visto – . Non sono molti, ma li ho visti con i miei occhi. Ci sono persone che tornano dalla Repubblica Ceca, dalla Germania; sono uomini, emigrati in tempo di pace in cerca di un futuro migliore, che ora ritornano a casa per arruolarsi a fianco dell’esercito e combattere, dimostrando uno spirito patriottico sorprendente”.
Secondo l’Agenzia Onu per i rifugiati, sono più di 600 mila gli ucraini fuggiti nei paesi vicini, di questi – stando all’agenzia di stampa Nova – 200 mila si sono fermati in Polonia. Per agevolare questa migrazione il governo polacco ha anche tolto alle frontiere ogni limitazione Covid e consente l’ingresso a chiunque ne faccia richiesta, senza effettuare selezioni.
~ 660,000 refugees have now fled Ukraine to neighbouring countries in the last 6 days.
The situation looks set to become Europe’s largest refugee crisis this century, and we have reinforced our operations to respond as quickly and effectively as possible.https://t.co/CeRsXpf8Wb
— UNHCR, the UN Refugee Agency (@Refugees) March 1, 2022
È una situazione ordinata, quella descritta da Zunino. Una fila composta, alcune persone entrano a piedi, accompagnate in macchina fino a poco prima del varco da parenti o amici, che poi fanno ritorno in patria. Altri valicano il confine in automobile per lasciare definitivamente il Paese. “Sono auto buone – spiega il giornalista – auto che fino a pochi giorni fa servivano per andare al lavoro. Arrivano stipate, piene di persone e ricordi. Qualcuno porta con sé cani o gatti. Ho visto una macchina da cinque posti con dentro otto persone, come se stessero cercando di trasferire la loro casa in un posto nuovo”.
E poi c’è chi sfida la legge marziale, quella che tra le altre cose impone agli uomini tra i 18 e i 60 anni di non lasciare l’Ucraina. “Un uomo di 41 anni, Eugene, lavora in una compagnia con sede a Rotterdam – racconta Zunino – . È riuscito a passare il confine insieme a sua moglie e ai suoi figli piccoli. Lui non è stato fermato, forse per un caso o forse per un moto di compassione del soldato ucraino in quel momento alla barriera. Non saprei dirlo con precisione. Quel che è certo è che c’è anche chi prova a passare e viene rispedito indietro”.
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Nella guerra, la gentilezza
Zunino racconta dei suoi giorni sul confine, delle storie che ha ascoltato, delle persone che ha incontrato. “È un paradosso, ma a restare impresso nella mia testa è soprattutto la gentilezza”. La gentilezza di chi scappa ma anche di chi controlla gli ingressi. Niente spintoni o scene di stizza, ma solo un gran voglia di raccontare. “La polizia polacca è molto attenta e, cosa insolita – ammette – parla volentieri con noi giornalisti per riportare cosa succede”. Una voglia condivisa anche dai profughi ucraini. Oltrepassato il confine, si fermano e raccontano la loro storia, da dove vengono e dove sono diretti. Un modo per raccontare la loro terra, l’Ucraina, e far sentire la loro voce. “È come se capissero che ciò che noi scriveremo sarà a loro favore, dalla loro parte” spiega Zunino.
Ognuno ha una sua storia speciale. Come Tanya, imprenditrice ucraina che lavora nel business del legno. “L’ho incontrata sul lato polacco del confine – dice il giornalista – . Quando Putin ha annunciato l’attacco su Kiev, lei era in Israele per lavoro, ma i suoi figli, ancora piccoli, erano rimasti a Kiev con i nonni. Mentre era in attesa che i suoi bambini arrivassero, accompagnati dagli stessi nonni, mi diceva ‘Non so cosa farò, dove andrò a vivere'”. Perché tra chi oltrepassa il varco, c’è chi sa dove andrà o chi raggiungerà e chi, invece, sta semplicemente scappando dalla guerra senza una meta.
Al confine è gara di solidarietà
Ma lì fuori, poco dopo l’Ucraina, c’è anche chi è pronto a dare una mano. Zunino racconta della conversazione con un ingegnere ucraino che da anni vive e lavora in un piccolo paese della Repubblica Ceca e che è arrivato alla barriera apposta per aiutare chi è più in difficoltà. “Aspetta ai varchi doganali, insieme a fratelli e amici – spiega il giornalista – e chiede alle persone se hanno bisogno di un posto in cui stare. Ha a disposizione alcuni appartamenti ed è pronto a ospitare donne e bambini”.
Uno spirito solidaristico che arriva fino a Cracovia. “Allo stadio del Wisla Cracovia ho visto i polacchi portare buste con viveri, abiti e anche peluche – racconta l’inviato – mettono tutto in grosse scatole che poi, a mano, caricano sui tir diretti verso Kiev. Domenica lo stadio era pieno di giovani che, approfittando della pausa dallo studio, erano lì per dare il loro contributo”.