DI EMILIA LEBAN
URBINO – È stato definito per la prima volta il “microbiota” dell’italiano medio in buona salute. Lo studio, pubblicato sul giornale Scientific Reports del gruppo Nature, è stato coordinato dei docenti dell’Università di Urbino Pietro Gobbi e Marco Rocchi.
“Il microbiota è l’insieme dei microorganismi che colonizzano l’intestino di ciascuno di noi”, ha spiegato Gobbi, come si legge sul comunicato stampa diffuso dall’Uniurb. Ciascun individuo ospita nel proprio intestino oltre 35 mila miliardi di batteri, la maggior parte nel tratto intestinale. Il microbiota è influenzato da diversi fattori individuali, come il tipo di parto da cui si è nati, l’alimentazione, l’uso di farmaci (in particolare antibiotici), l’assunzione di integratori, lo stile di vita (dal fumo, all’attività fisica) e l’area geografica in cui vive. I batteri più presenti nel tratto intestinale appartengono a due filotipi, Bacteroides e Firmicutes, il cui equilibrio è fondamentale per la salute dell’individuo.
Il metodo
Lo studio ha preso in considerazione 148 individui (69 uomini e 79 donne) con un’età media di circa 40 anni, tutti in salute. Il campione base è stato a sua volta suddiviso in due sottogruppi, mostrando come nel primo gruppo – più restio all’attività fisica e al consumo di verdura fresca, composto da persone principalmente residenti nel centro-sud – il rapporto tra Bacterioides e Firmicutes è sbilanciato. Mentre nel secondo gruppo – persone generalmente più atletiche e dalla dieta più completa, residenti nel nord Italia – il rapporto tra i due filotipi batterici è molto elevato. Il risultato della ricerca ha così confermato la centralità del rapporto tra Becteoides e Firmicutes per la struttura di un intestino sano, e di conseguenza, dell’intero organismo.
Le conclusioni
“Non è possibile individuare la composizione ottimale del microbiota intestinale”, si legge nel report, considerato il grande numero di variabili che interviene nella sua formazione. Ma in questo modo è stato definito un intervallo di riferimento che può essere utilizzato per verificare se un soggetto o un campione appartengono alla comunità microbiologica individuata nello studio, ovviamente tenendo conto delle specificità individuali.
Lo studio ha coinvolto un ampio gruppo di lavoro, formato da medici, gastroenterologi, microbiologi, biostatisti e farmacologi di molti atenei italiani, tra cui La Sapienza di Roma, i medici del Progetto Microbioma Italiano di Padova e i ricercatori della Casa di Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Dall’Uniurb, hanno lavorato al progetto i docenti e ricercatori Davide Sisti, Barbara Citterio, Wally Baffone, Sabrina Donati Zeppa, Andrea Minelli, Stefano Amatori e Piero Sestili.