Scarpe marchigiane alla fiera di Mosca. Confindustria: “Eroi, lì per difendere l’azienda”

di BEATRICE GRECO

URBINO – “Per noi è lavoro”. Luca Guerrini, proprietario dell’omonimo marchio e amministratore di un calzaturificio di Montegranaro (provincia di Fermo), non ha esitazioni. Nonostante le sanzioni, la sua azienda sta partecipando alla fiera di Mosca Obuv Mir Kohzi, appuntamento imperdibile per chi si occupa di scarpe e accessori in cuoio. “Non condividiamo assolutamente la guerra, né noi né i nostri clienti russi. Ma il lavoro è indipendente dalla visione politica e noi dobbiamo garantire gli stipendi ai nostri operai”.

“Sono venuto qua per la disperazione” è l’ammissione di Marino Fabiani, imprenditore calzaturiero di Fermo, che domenica è partito alla volta di Mosca. “A casa ho circa 500 mila euro di scarpe invendute a causa del conflitto – dice preoccupato – o le svendo o non so che fare”. Per Fabiani il mercato russo, in cui opera ormai da 30 anni, copre il 70% della produzione.

LA SITUAZIONE MARCHIGIANA – Guerra Russia-Ucraina, mobili e calzaturiero a rischio

Sarebbe una posizione scevra dagli idealismi e meramente pratica quella che sta muovendo 48 aziende italiane del calzaturiero verso Mosca. Di queste 31 sono marchigiane, la maggior parte delle quali appartenenti al distretto di Fermo e Macerata. Ad appoggiarli la Regione, Fiera di Bologna e Assocalzaturifici. “Uno va fin là perché costretto – afferma al Ducato Arturo Venanzi, presidente di Confindustria Fermo – Sennò che fa, chiude l’azienda? Noi siamo contro la guerra, però dobbiamo tener presente che il mercato russo è il mercato principale. Se uno vuole continuare a vivere, deve farci i conti”.

Secondo un report di Cna Marche, il 33% delle merci esportate verso la Russia da tutta la regione è costituto da calzature e, per il distretto di Fermo, l’export rivolto al Paese di Putin è pari al 7% del totale delle merci esportate. È secondo questi dati che il presidente provinciale di Confindustria spiega anche le scelte dei grandi marchi, come Prada o Louis Vuitton, di chiudere i battenti in Russia: “Non penso sia una scelta politica. Anche se l’opinione pubblica ha pensato fosse una mossa pro-Ucraina, la realtà è che i loro affari lì sono pari solo al 1-2% del loro mercato”.

Confindustria: “Gli imprenditori a Mosca sono eroi”

A presenziare alla fiera ci sono per lo più dei delegati delle imprese italiane. Nella maggior parte dei casi si tratta di collaboratori di origini russe, come per l’azienda di Guerrini. “Già solitamente ci sono molti controlli – spiega l’amministratore – ora temevo che per noi italiani potessero esserci problemi. La mia collaboratrice mi ha raccontato che hanno bloccato tutti per un lungo controllo, ma alla fine sono riusciti ad arrivare in fiera”.

Solo una quindicina i marchigiani presenti direttamente a Mosca, tra questi lo stesso Fabiani. “Non ho temuto nulla – risponde l’imprenditore al Ducato – Le colpe di questa situazione stanno in alto, non certo nei cittadini. E poi, se vogliamo lavorare, dobbiamo rischiare”. Per Venanzi coloro che, nonostante tutto, hanno deciso di essere a Mosca “sono eroi, perché – spiega – stanno rischiando per difendere le loro aziende”.

La fiera di Mosca: l’occasione per rilanciare il mercato

L’esposizione moscovita serve per raccogliere gli ordini per il prossimo anno. Mentre Fabiani spera di sbloccare la situazione di stallo della sua azienda, Guerrini spera in nuove opportunità: “Questa fiera potrebbe essere una buona opportunità per incontrare qualche nuovo cliente”. Subito dopo, però, mette sul piatto della bilancia tutte le problematiche. “I rischi li stiamo correndo tutti quanti – dice – . Prima di partire non abbiamo avuto certezze: né sui voli, né sull’arrivo del campionario in tempo utile per la fiera. E i costi sono sempre più alti”. Il proprietario del calzaturificio di Montegranaro racconta di aver speso quasi 6 mila euro tra viaggio e spedizione della merce da esporre: “E per fortuna – ammette – Regione Marche ha contribuito a coprire per tutti noi il 50% della spesa per l’affitto dello stand”.

L’aspetto economico è il motivo per cui Ilasio Renzoni, proprietario di un calzaturificio a Porto Sant’Elpidio, ha deciso di non partire: “se prima spendevo 400 euro per arrivare a Mosca, ora ne avrei spesi almeno 1.400 solo per il viaggio, perché non esistono voli diretti ma si può solo passare attraverso la Serbia o la Turchia”. Ma per Renzoni la questione è un’altra: “Una volta lì si prendono gli ordini, ma il vero problema sono i pagamenti. I clienti non riescono a versare l’acconto per confermare l’ordine. Perciò penso di aver fatto bene a non andare. In fondo gli ordini li posso prendere anche online”.

Secondo il presidente di Confindustria Fermo, però, la situazione pagamenti è stata sbloccata per alcune aziende. “Non tutte le banche russe sono colpite dalle sanzioni – spiega Venanzi – e qualche escamotage è possibile grazie alle triangolazioni”. Alcune società russe hanno sedi anche in altri Paesi e sia l’ordine che il pagamento alle aziende italiane viene fatto tramite le filiali non russe. “Qualche imprenditore è riuscito a sopravvivere così, ma per quelli meno strutturati l’unica via è stata quella di andare là direttamente, sperando che la situazione si sblocchi”.

“Non aggredire la tigre”

“Siamo qua alla fiera, ci abbiamo provato facendo finta che domani tutto sarà risolto”. Lo dice ma non ci crede, Fabiani. In fiera ha ritrovato i suoi clienti storici, che però non parlano mai del conflitto. “Vedo solo tanta insicurezza, instabilità. Si vede che non vogliono metterci in difficoltà, che non sanno come gestire l’impossibilità di effettuare i pagamenti”. E proprio sulle sanzioni si scaglia l’imprenditore fermano: “Ho a che fare con i russi da oltre 30 anni e ho capito una cosa: se ad un russo viene detto ‘no’, diventa una tigre. E se il sistema attacca la tigre, siamo rovinati”. Alla domanda se ritiene l’invasione dell’ Ucraina legittima, risponde solo: “È una situazione che va avanti dal 2014. Non si doveva arrivare a questo. E alla politica chiedo di trovare una forma di pace, d’incontro, perché a rimetterci siamo solo noi”.

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