di DAVIDE FANTOZZI
URBINO – “Era ora”, commentano così studenti ed esercenti l’addio alle mascherine. Dal primo maggio è caduto l’obbligo di indossarle in alcuni luoghi di aggregazione, come bar, ristoranti e supermercati, ma rimane la raccomandazione di tenerle. L’entusiasmo viene infatti in molti casi smorzato dalla realtà delle cose, e prendere certe decisioni può essere più complesso del previsto. I titolari e i dipendenti di Urbino sono divisi tra felicità di tornare a sorridersi e attenzione a non ricadere in balìa del Covid. Tra mascherina sì e mascherina no.
I bar: liberi tutti ma non troppo
Valentino Magoga fa avanti e indietro dall’altro lato del bancone del Caffè Basili. Sta preparando un caffè e ogni quattro secondi circa monitora i posti all’esterno. Con la mascherina addosso, gli occhiali tendono a calargli. Magoga non si scompone e li sistema con un rapido colpetto con la punta dell’indice, ben assestato al centro della montatura. Deve parlare a voce alta per farsi sentire oltre il tintinnio dei cucchiaini nei bicchieri e le risate da aperitivo. “Noi pensiamo di tenere le mascherine qualche altro giorno. Una settimana, dieci, quindici giorni”, dice. Questo più per una questione “di tranquillità nostra, perché siamo a contatto stretto con un gran numero di persone”. L’addio alle mascherine, per lui, “è una cosa buona, era ora. Per quanto ci riguarda, le terremo un altro po’”. Per fare la foto alla fine gli occhiali se li sfila, perché in effetti la mascherina dà noia.
Di diverso parere Mario Passeri, titolare del Caffè del Teatro. Fuma un sigaro e si gode il tepore delle prime ore del pomeriggio. Tra una boccata e l’altra, Passeri si dice “felice che finalmente si torni alla normalità delle cose”. Nel suo bar le mascherine non sono mai state viste di buon occhio, e lui stesso evita di pronunciare la parola “Covid”, chiamandolo “quella cosa brutta”. Il suo augurio affinché “non succeda qualcosa a ottobre che ci farebbe tornare indietro” taglia il fumo denso che si alza dal sigaro.
Anche le dipendenti della Caffetteria F.lli Boni non hanno più la Ffp2. Sara mostra un sorriso larghissimo a chiunque varchi la soglia del locale. “Il principale ha deciso di non farci mettere la mascherina”, dice mentre batte dei numeri sulla tastiera della cassa. “La mettiamo solo se c’è tanta gente. Vedremo come andrà”, conclude mentre lo sportello si apre e con indice e pollice tira fuori una banconota di resto.
A cena fuori ci si divide
Nei ristoranti, la divisione tra chi ha tolto subito l’obbligo e chi prende tempo rimane. Il titolare dell’Osteria Gula, Giovanni Resta, ha preferito aspettare. “Il personale tiene le mascherine e per i posti al tavolo manteniamo ancora una certa distanza”, parla sopra al piatto della sua cena, approfittando dei momenti che precedono l’arrivo della clientela. “I contagi ci sono ancora, quindi abbiamo mantenuto ciò che la pandemia ci ha lasciato, con un po’ più di libertà”, spiega Resta. “Dobbiamo andare avanti con cautela”, afferma.
Alla Trattoria del leone, invece, le mascherine non ci sono più. Via anche dal ristorante Portanova, ma solo per il personale di sala: in cucina (visibile dall’ingresso) tutti portano ancora le Ffp2.
La spesa in sicurezza
Poca differenza rispetto a prima nei supermercati. All’Eurospin di via Sasso, ad esempio, chi compra e chi lavora alle casse e in gastronomia tiene la mascherina sul viso. Alla Conad in via Raffaello invece è diverso. Elena Poggiaspalla fa la commessa lì, spesso scambia due battute con i clienti mentre scannerizza gli acquisti. Loro sorridono e ghignano, le bocche ben visibili che si curvano. Lei invece ride con gli occhi, le labbra nascoste dietro la chirurgica. “Abbiamo deciso di tenere la mascherina per rispetto della clientela”, dice Poggiaspalla, perché “essendo tutti i giorni a contatto con un gran numero di persone è più facile trasmettere”. Questa cosa “va bene, perché come tutti sappiamo il Covid non è ancora completamente sconfitto, e ci sembra giusto mantenere ancora questa regola”. Anche lei però, ammette: “Non vedo l’ora di togliermela. Tenere la mascherina per 10, 12 ore è pesante per tutti, si fa fatica”.
Comune e Poste, “finché è raccomandata, la teniamo”
“Le mascherine da normativa sono raccomandate – spiega Valentina Bicchiarelli, assistente del sindaco di Urbino Maurizio Gambini – e finché sarà così seguiremo le raccomandazioni”. Negli uffici comunali non c’è stato allentamento per i dipendenti. Gli utenti potrebbero non indossarla, ma “ormai sono abituati e la tengono sempre”. La linea guida è chiara: “Fintanto che è consigliato tenerle, la tendenza rimane la stessa”. Quando cadrà anche questa raccomandazione, chiude Bicchiarelli, “ognuno seguirà la propria coscienza”.
Negli Uffici postali in via Bramante gli impiegati indossano tutti le Ffp2. Da dietro il pannello in plexiglass, una donna dice a un uomo in fila: “Tu sei libero di non metterla, ma io la tengo”.
In università il dovere resta, ma è “meno vincolante”
Per gli studenti e le studentesse dell’Università di Urbino le cose non sono cambiate più di tanto. “Oggi sono andato a lezione e ho preso l’autobus. In entrambi i casi ho dovuto tenere la mascherina. Spero che più avanti riuscirò a toglierla anche in questi posti”, dice Matteo, che frequenta il corso di Lingue aziendali.
Anche Lidia, studentessa di Informazione, media e pubblicità, in aula e in bus ha dovuto tenere la Ffp2. “Penso sia giusto così”, riconosce. Insieme ai vincoli che restano, però, anche il piacere delle libertà che tornano. “Ieri io e delle mie amiche siamo andate in una pizzeria – dice sorridendo dietro lo spritz – e mentre aspettavamo ci siamo potute togliere la mascherina senza problemi. Immagino dipenda molto dal gestore dello spazio chiuso”.
Le fa eco Anna, che studia Scienze della formazione: “Sono contenta che non ci sia più l’obbligo. Prima era veramente pesante”. Per l’universitaria, “nonostante si tenga ancora la mascherina in università e sui mezzi, ora il dovere è meno vincolante”.