di STEFANO SCIBILIA e GUGLIELMO MARIA VESPIGNANI
URBINO – I colori tiepidi di una scenografia casalinga e le note di un brano soul anni ’80 si aprono dinanzi al pubblico del Teatro Sanzio, quando si alza il sipario su “Bloccati dalla Neve”. Enzo Iacchetti è Patrick, un uomo ormai anziano, che vive solo in un cottage di campagna. Negli anni ha sviluppato una sorta di misantropia, una situazione in cui sembra trovarsi a suo agio, e che si concilia perfettamente con l’isolamento imposto da una tempesta di neve che si scatena all’esterno.
Durante questo suo ‘gradito’ lockdown, sente bussare alla porta: è Judith – Vittoria Belvedere – una donna a dir poco esuberante che vive nel villaggio vicino. È interamente coperta di neve e chiede di entrare. Patrick, seppur indispettito, la accontenta. In quello che poteva essere un giorno come un altro di quarantena per un signore attempato e che ama la propria compagnia, prende piede una commedia fatta di botta e risposta continui, momenti di assoluta assurdità ed altri di genialità, un dialogo ininterrotto e brillante. Non si fa mai riferimento esplicito alla pandemia, ma viene naturale accostare l’isolamento e la convivenza forzata imposte dalla tormenta alla situazione che abbiamo vissuto durante l’emergenza Covid.
La compostezza e la follia
Il pubblico del Teatro Sanzio ride di gusto sin dall’inizio e durante tutta la rappresentazione, apprezza il ripetuto “name-dropping” di Mercatello sul Metauro e accompagna sempre con un applauso i reciproci sforzi dei due attori per trattenere le risate alle loro stesse battute che, inevitabilmente, a volte escono. La scintilla dell’incontro tra due estremi opposti, la calma di chi sembra non voler chiedere nulla più al mondo e l’euforia di una donna irrefrenabile, creano, nel corso dell’opera, una sinergia attraverso cui si svelano i motivi della monotona e solitaria vita di Patrick. L’insicurezza innata, lo stare solo per paura di rimanerci e l’imbarazzo per un mestiere umile stringono il suo personaggio in una perenne, gelida compostezza.
“Il teatro è la nostra arma nucleare”
Ma quando si arriva alla fine, Judith sembra aver trasmesso la sua follia a Patrick, quel pizzico di furore ed entusiasmo necessario ad affrontare le avversità della vita. Ed è proprio questo il messaggio che Iacchetti, dopo un lungo applauso del pubblico e un sentito abbraccio con Belvedere una volta chiusa la rappresentazione, decide di lasciare al gremito pubblico del Sanzio. “Quando Vittoria mi ha mandato questo copione ero sicuro di non potercela fare – dice – e invece oggi sono qui. Abbiamo superato un periodo straziante ed oggi siamo entrati in un altro ancora peggiore. Ma essere qui ci aiuta e ci fa andare avanti, perché il teatro è la nostra arma nucleare”.