di SARA SPIMPOLO
URBINO – Due studenti delle scuole superiori sono morti nei primi mesi del 2022. Uno a Udine e l’altro ad Ancona. Il primo, Lorenzo Parelli, 18 anni, era in un’azienda metalmeccanica. Il secondo, Giuseppe Lenoci, 16 anni, era sul furgone di una ditta di termoidraulica. Entrambi stavano facendo il loro periodo di alternanza scuola-lavoro. Facoltativa per dieci anni, nel 2015 l’alternanza diventa obbligatoria con la “Buona Scuola” di Matteo Renzi, e prevede di svolgere in aziende esterne attività che devono essere progettate assieme alla scuola. Gli studenti non possono diplomarsi senza averla svolta, ne ricevono una valutazione in sede d’esame, e influisce sul voto di comportamento. Ma chi si occupa di monitorare queste attività? Perché possono nascere incidenti come quello di Lorenzo e Giuseppe?
LE TESTIMONIANZE – I problemi dell’alternanza raccontati dagli studenti di Urbino
Nelle Marche, e in provincia di Pesaro e Urbino, l’unico monitoraggio è informale, svolto da professori e professoresse, mentre nessuno degli uffici centrali sembra essere informato. L’ufficio scolastico di Pesaro e Urbino non conosce il numero di studenti coinvolti attualmente nei progetti di alternanza. Afferma che “la banca dati è a livello regionale, sono loro che fanno il coordinamento”. Ma il Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, Marco Ugo Filisetti, ammette di non avere “contezza del numero di studenti e studentesse coinvolte attualmente nei progetti di alternanza, perché gestiti autonomamente dalle Istituzioni scolastiche”. E, spiega, non può quindi sapere se ci sono stati incidenti in provincia nell’ultimo triennio. Per gli anni 2015/2018 e 2019/2021 l’Ufficio regionale ha elaborato due “analisi dei punti di forza e debolezza dell’alternanza nelle Marche”. La prima è stata pubblicata, la seconda non è stata ancora resa disponibile. Alla richiesta del Ducato di prenderne visione, l’Ufficio non ha mai risposto.
Gli istituti lasciati soli
“Da noi tutti gli studenti del quarto fanno alternanza scuola lavoro, sono 220-230 circa – spiega il professor Scardacchi, dell’Itis Mattei di Urbino – Abbiamo un buon riscontro dalle aziende del territorio, che cercano spesso personale tecnico e conoscendo i nostri ragazzi poi li richiamano per un futuro lavoro. Noi le controlliamo, e vengono scelte in accordo con ragazzo e famiglia. Purtroppo le possibilità a volte sono limitate per questioni territoriali: è difficile trovare soluzioni per i ragazzi che abitano nei comuni montani, perché la loro mobilità è ridotta”.
Un punto, quello delle difficoltà dell’entroterra, che evidenzia anche la professoressa Rosaria Pradarelli, del liceo scientifico e delle scienze umane Laurana Baldi: “I nostri problemi sono due: territoriale e burocratico. La burocrazia legata alla scuola lavoro è troppa, e non ci sono i dovuti supporti da parte dello Stato. Con il Covid abbiamo dovuto ripensare tutto il Pcto, preferendo le esperienze a scuola: il giornalino, l’impresa simulata… Dal punto di vista organizzativo è più semplice, ma è sicuramente anche più triste. Infatti il nostro obiettivo è far ripartire da settembre i tirocini in presenza, che garantiscono anche maggiore possibilità di scelta agli studenti e alle studentesse. Portiamo avanti tante attività, pensate da noi o in concerto con soggetti esterni. Però siamo soli”.
“È sbagliato lasciare alle sole scuole il compito del monitoraggio – spiega Tuscia Sonzini, segretaria provinciale della Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil – A livello provinciale non viene fatto perché non ci sono abbastanza risorse e formazione. E quando sono state ridimensionate le ore di alternanza purtroppo sono stati tagliati anche i finanziamenti del Ministero”. Nel 2019, infatti, l’alternanza è diventata Pcto (Percorso competenze trasversali per l’orientamento) e il monte ore è stato ridotto: almeno 210 nel triennio per i professionali, 150 per gli istituti tecnici e 90 per i licei. Secondo la normativa, l’alternanza non deve comportare “costi per studenti e famiglie”, deve essere “coerente con gli obiettivi dell’offerta formativa” e alternare attività in aula a tirocini fuori dalle mura scolastiche. Gli studenti hanno diritto a “prendere visione e sottoscrivere” le relazioni dei tutor aziendali alla fine del Pcto, e hanno diritto a esprimere loro stessi “una valutazione sull’efficacia e sulla coerenza del percorso di alternanza effettuato rispetto al proprio indirizzo di studio”. Accade però spesso che la teoria si scontri con la realtà, e che studenti delle scuole di Urbino raccontino di aver fatto tutt’altro rispetto a ciò che studiano, e non tutti compilano una valutazione finale dell’esperienza.
Il nodo della sicurezza
Un nodo cruciale è quello della sicurezza. Tutte le scuole di Urbino organizzano corsi di formazione generale, ma gli studenti non ricevono la formazione specifica nelle aziende. E, inoltre, degli infortuni degli studenti non resta traccia nei database regionali e provinciali. Come di quello di Anastasia, studentessa di chimica dell’Itis di Urbino, che l’anno scorso si è rotta una clavicola nel tragitto casa-lavoro. “Dovevo lavorare in un’azienda di distillati a dieci chilometri da casa – racconta – e prendevo il motorino per andarci. Dopo l’incidente ho avvertito la scuola, che mi ha aiutato”. In questi casi deve essere il preside a denunciare l’evento. “Come studentessa in alternanza – continua – avevo due assicurazioni a mio nome, ma quella specifica per il Pcto non copriva il tragitto casa-lavoro”.
Nemmeno l’Inail, presso il quale vanno stipulate le assicurazioni per gli studenti, tiene traccia degli incidenti in alternanza. L’ufficio provinciale rimanda a quello regionale, che fa sapere di non avere dati a disposizione: “Dovremmo fare richiesta a Roma perché possano estrapolarli dal database nazionale. Noi non ne abbiamo uno”. “L’andamento infortunistico deve essere monitorato dall’Inail – spiega Maurizio Andreolini, responsabile Cisl di Pesaro e Urbino – e a noi servirebbe che anche l’Ufficio scolastico provinciale controllasse, perché non abbiamo un riscontro formale dell’efficacia della scuola-lavoro, di quanto siano condivisi i progetti, di quanto siano utili ai ragazzi”.
Neanche la Camera di commercio, che pure gestisce il registro dell’alternanza, in cui sono elencati i soggetti che offrono percorsi di alternanza e apprendistato (577 in provincia di Pesaro e Urbino), ha a disposizione dati sul fenomeno. “Non abbiamo un quadro generale della situazione – afferma Giorgio Tomasone dell’ufficio di Pesaro e Urbino – e non so dire chi ce l’abbia”. A quanto sembra, nessuno.
La relazione di monitoraggio relativa al biennio 2019/21, stilata dall’Ufficio scolastico regionale, è stata pubblicata sul sito Usr Marche il 12 maggio 2022, un giorno dopo la prima pubblicazione di questo articolo.
Articolo aggiornato il 13 maggio alle 11:45 con le dichiarazioni del professor Scardacchi dell’Itis Mattei e della professoressa Pradarelli del Laurana Baldi.