Suicidio assistito, via libera per Fabio Ridolfi. Ma il parere è incompleto

Fabio Ridolfi davanti allo schermo su cui scrive con un puntatore oculare, nel video dell'associazione Luca Coscioni
di CECILIA ROSSI

FERMIGNANO – Fabio Ridolfi, 46 anni, di Fermignano, potrà finalmente accedere al suicidio assistito. Lo annuncia con un comunicato sul proprio sito l’associazione Luca Coscioni, che ha assistito Ridolfi nell’iter della richiesta inviata alla Regione Marche per poter esercitare il suo diritto al fine vita. Si tratta del secondo caso in Italia, dopo quello, lo scorso febbraio, d’un altro marchigiano, Mario, nome di fantasia di un paziente affetto da tetraplegia.

40 giorni di attesa senza spiegazione

L’azienda sanitaria regionale, Asur Marche, ha rilasciato il parere del Comitato etico che stabilisce che Ridolfi rientra nei parametri stabiliti dalla Consulta  per poter accedere all’aiuto medico alla morte volontaria. Il documento però è stato recapitato solo 40 giorni dopo la sua emissione, avvenuta l’8 aprile.

Precisamente, il giorno dopo il video appello che il fermignanese aveva deciso di rilasciare, insieme all’associazione, per puntare l’attenzione mediatica sugli anomali tempi di attesa. Il Ducato ha provato a contattare, per fare chiarezza sui motivi del ritardo nella comunicazione, l’Asur area vasta di Pesaro e Urbino, la Regione Marche e l’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini, senza però ricevere finora nessuna risposta.

Parere incompleto

Una vittoria che pare ancora a metà, però, perché, come specifica nel comunicato Filomena Gallo, avvocata e segretaria dell’associazione Luca Coscioni: “Il parere positivo è incompleto. Nulla dice sulle modalità di attuazione e sul farmaco da usare affinché la volontà di Fabio possa finalmente essere rispettata. È ora doveroso che il sistema sanitario delle Marche definisca le modalità del caso nella massima urgenza”.

Il caso di Ridolfi – L’appello: “Stato, aiutami a morire”

Ridolfi ha deciso di ricorrere al suicidio assistito dopo aver passato 18 anni della sua vita immobilizzato a letto a causa di una malattia irreversibile, la tetraparesi da rottura dell’arteria basilare. Non gli è possibile fare nessun movimento se non quello degli occhi, che sono il suo unico strumento di comunicazione col mondo esterno.

Nel video appello rilasciato dall’associazione Luca Coscioni, lo si vede sdraiato sul letto mentre scrive grazie all’ausilio di un puntatore oculare, con il quale digita le lettere su uno schermo appeso sopra la sua testa.

Mina Welby: “Fabio sta dando un senso alla sua vita”

La storia di Fabio si intreccia anche a quella di Mina Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni e da sempre in prima linea per il diritto al fine vita. Come ha spiegato al Ducato, Welby ha conosciuto Ridolfi, “fin dall’inizio della sua battaglia, ma a quei tempi c’era poco da fare. Poi lui e la sua famiglia mi hanno ricontattata due anni fa, ne sono stata felice, e abbiamo potuto cominciare a costruire un percorso”.

“È una grande persona – continua – sono felice che sia riuscito ad avere ascolto, ogni persona ha diritto ad autodeterminarsi fino alla fine. La sua famiglia accetta la sua volontà, per cui sarà molto facile per lui compiere questo passo”.

“Ognuno di noi – conclude – dà senso alla vita per come riesce a farlo. Credo che Fabio lo abbia dato così, con ciò che sta facendo. E lo ringrazio per aver resistito alla sofferenza ed essersi lasciato vivere. E noi lo ricorderemo sempre, come gli altri due eroi marchigiani che hanno aperto la strada”.

Terzo caso nelle Marche e in Italia

Si tratta infatti del terzo caso di richiesta di suicidio assistito in tutta Italia: oltre a Fabio Ridolfi e Mario, anche Antonio, altro nome di fantasia di un richiedente affetto da tetraplegia, che, come era per Ridolfi fino a poco fa, è ancora in attesa del parere. Tutti e tre vengono dalle Marche.

Sul punto ha lanciato un appello anche Welby: “Vorrei dire a chi deve giudicare su queste persone di mettersi nei loro panni, nei panni di una persona che non può nemmeno strillare: ‘Aiuto, ho una zanzara che mi pizzica sul piede’. Per non parlare di dolori molto più forti”.

About the Author

Cecilia Rossi
Nata e cresciuta nelle Marche, studio a Urbino, dove mi laureo in Comunicazione con una tesi sull'involuzione autoritaria in Ungheria. Ho vissuto per sei mesi a Bruxelles, dove non ho migliorato il mio francese, ma in compenso ho studiato un po' di economia. La maggior parte del tempo leggo libri, lavoro a maglia e mi perdo nei documentari.

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