DI ROBERTA ROTELLI
URBINO- “Scrivere questo libro è stata la mia cura durante il lockdown perché sono riuscito a viaggiare stando seduto in poltrona”. Durante la presentazione del suo nuovo libro Confesso che ho mangiato, svoltasi ieri nel cortile del Collegio Raffaello di Urbino, Davide Paolini, giornalista gastronomico del Sole 24Ore e inventore della rubrica “il gastronauta”, ha ripercorso le tappe della stesura del volume.
“Una sera non dormivo e mi sono imbattuto in un documentario sulle isole Ebridi. Vedendo le distillerie dell’isola di Islay, mi sono ricordato del viaggio che avevo fatto lì e ho rivisto davanti a me i giornalisti inglesi che avevo conosciuto, i colori vividi della natura e i suoi profumi. Da quel giorno. ogni sera ho fatto un viaggio diverso nel ricordo e nella memoria di luoghi lontani, rivissuti attraverso i piatti che ho assaggiato”.
La presentazione del libro è inserita all’interno del “Festival Off”, una serie di eventi culturali che anticipano la decima edizione del Festival del Giornalismo culturale, che si terrà a Urbino dal 7 al 9 ottobre con il titolo Dal web alla Terza. La vita della cultura nel mare della rete.
“Un viaggio nel viaggio” alla ricerca di “scenari umani”
Come Virgilio nella Divina Commedia, Paolini accompagna i suoi lettori in un cammino sospeso tra spazio e tempo, che corre sul filo dell’esperienza di un uomo che per lavoro e passione ha potuto assaporare la vita che si nasconde dentro ogni prelibatezza culinaria. Nei suoi racconti di viaggio i lettori non si perdono tra i sapori che descrive, bensì rivivono le tradizioni di luoghi diversi nel mondo. Non un libro sul cibo quindi, ma “un viaggio nel viaggio”, una narrazione che si muove tra paesaggi e “scenari umani”, come li definisce la prof.ssa Lella Mazzoli, direttrice dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo, presente al Collegio Raffaello come moderatrice dell’evento. Tra gli ospiti presenti c’erano anche l’assessore al Turismo Roberto Cioppi e Carlo Cambi, giornalista, scrittore e fondatore della rubrica I viaggi di Repubblica.
Cambi parlando della forza dirompente del libro, lo definisce una “ri-evangelizzazione gastronomica”, in cui la soddisfazione del cibo dirompe nitida nel “baule dei ricordi dell’autore”. Scardinando la famosa frase di Feuerbach “Siamo ciò che mangiamo”, Cambi parla del legame indissolubile che esiste tra cibo e linguaggio e di come ciò che mangiamo non sia altro che “lo specchio di ciò che siamo”.
“L’emozione che il cibo lascia dentro di noi”
Da un uomo come Paolini, che ha assaggiato le prelibatezze dei migliori chef al mondo, ci si poteva aspettare un libro che permettesse anche ai meno esperti di fare un tuffo nei migliori ristoranti stellati del mondo. E invece no. Lui sceglie di raccontare i cibi più semplici, come le alette di pollo fritte di Harlem: in questo modo permette al lettore di sperimentare, insieme al piatto meno costoso d’America, quell’ondata di tradizione e umanità per la quale i turisti da tutto il mondo corrono ogni giorno nel famosissimo quartiere di New York. Nel libro si va dalla Sardegna a Montreal, passando per San Diego, in cui un anche semplice hamburger, mangiato alle luci del tramonto su una spiaggia, assume la forma di una pietanza prelibata perché “il gradiente di felicità nell’esperienza culinaria non è determinata dalla ricercatezza del piatto, ma dall’emozione che quel piatto ha lasciato dentro di te”, dice Paolini.