di ROBERTA ROTELLI
URBINO – Entrando all’Oratorio delle Grotte, dove si tiene la mostra “Sapientia, Pietas et Otium al Tempo del Duca Federico di Montefeltro”, si notano appese alle pareti varie formelle di legno che raffigurano i simboli e le iconografie ducali: una bomba, un ermellino, una scopa. Queste iconografie apparentemente così diverse tra loro hanno in comune la volontà del Duca di trasmettere dei messaggi, spesso criptici, non solo ai suoi sudditi ma soprattutto ai nemici .
Ad accogliere i visitatori nella sala principale, c’è una riproduzione a grandezza naturale dell’armatura indossata da Federico da Montefeltro ritratto nella celebre Pala Montefeltro, dipinta da Piero della Francesca nel 1472. Sopra si erge maestosa una copia ad alta risoluzione dell’opera oggi al Museo di Brera, ma originariamente inserita all’interno della Chiesa di San Bernardino. “Tutt’intorno all’armatura – spiega Pietro Barsotti, sceneggiatore e artista che ha curato la mostra – ho inserito alcune formelle di legno che rappresentano i simboli federiciani. Sono metafore senza tempo della vita, dei valori e delle imprese del Duca presenti come un ‘trait d’union’ anche all’interno dei suoi manoscritti, nei dipinti e nei portali della Galleria Nazionale delle Marche.
Volgendo lo sguardo a sinistra, la prima tavola di legno che si incontra ritrae la “bombarda esplodente”, simbolo della ferocia e della pericolosità di Federico. Con la metafora della bomba la cui miccia deve essere accesa per far sì che possa esplodere, Federico voleva trasmettere il concetto della pax armata. “Con questo simbolo il Duca lanciava un messaggio – spiega Barsotti – che arrivava dritto ai sudditi, ma soprattutto ai nemici. Solo se minacciato Federico sarebbe diventato pericoloso, come una bomba che solo se innescata esplode”.
Proseguendo il giro si incontra la formella con il morso del cavallo, che simboleggiava il controllo e il dominio sullo stato. “Come Federico guidava il cavallo al trotto, al galoppo o in battaglia con il morso – indica Barsotti -, così dirigeva il suo Stato, sulla base delle esigenze e delle necessità imminenti”.
Altro importante simbolo è quello della scopa, “che collega la funzionalità pratica dello strumento domestico a un significato simbolico – spiega Barsotti -. La scopa per Federico rappresenta l’esigenza di ripulire il regno dalle malelingue e dalle voci che lo screditavano, accusandolo di essere figlio illegittimo”. Sulla paternità del Duca esistono infatti ancora molti dubbi. La tradizione racconta che il Conte di Montefeltro Guidantonio non avesse avuto figli dalla moglie Rengarda Malatesta e avesse quindi provveduto a riconoscere Federico come figlio legittimo. È probabile, però, che Federico fosse il figlio di Bernardino Ubaldini della Carda, conte di Apecchio, e Aura, la figlia naturale di Guidantonio. Secondo questa versione, Guidantonio non sarebbe quindi il padre, ma il nonno del Duca.
Infine c’è l’icona dell’ermellino, emblema della purezza e del candore, simbolo con cui Federico idealmente si identificava. “Spesso immortalato immerso nella sporcizia e in condizioni di disagio – spiega Barsotti – l’ermellino rappresentava l’integrità morale e la rettitudine, doti e valori che il Duca sentiva di avere. Nonostante le avversità e le circostanze sfavorevoli, lui sarebbe stato puro e corretto, con un atteggiamento super partes rispetto agli eventi”.
Il Duca era stato insignito di varie onorificenze, come l’Ordine cavalleresco dell’ermellino, che gli venne consegnato dal re di Napoli Ferdinando d’Aragona e l’Ordine della Giarrettiera, concesso dal re Enrico IV d’Inghilterra.
Nella sezione della mostra Otium , curata anch’essa dal maestro Barsotti, sono presenti i giochi, gli svaghi e gli ozi che caratterizzavano la vita di corte nel 1400, tra cui il gioco della palla corda, la trottola e le carte.