di BEATRICE GRECO
URBINO – Niente carte o documenti, ma solo un’indicazione del Papa su cui si lavora da tempo: unire le diocesi più piccole sotto un unico vescovo, una sorte che toccherà con tutta probabilità anche a Urbino, Urbania e Sant’Angelo in Vado. Ipotesi che ha già prodotto un ordine del giorno di protesta del Comune di Urbino.
Per il Monsignor Nazzareno Marconi, presidente della Conferenza episcopale marchigiana e vescovo di Macerata, però non si può parlare di accorpamento: “Le diocesi più piccole restano comunque diocesi e mantengono la loro autonomia – ha detto al Ducato – . L’idea è di integrare sempre di più i cammini per procedere insieme”.
L’indicazione: diminuire le piccole diocesi
Così è successo alla diocesi di Camerino, che è stata unita a quella di Fabriano-Matelica. Stesso destino anche per Gubbio e Città di Castello. “Le diocesi italiane – ha spiegato Marconi – sono molto più piccole rispetto al resto del mondo”. Questo giustifica la linea che si sta tenendo in Italia: quando due curie vicine sono di dimensione ridotte, si tende a unirle nella persona del vescovo. Ma non ci sono date di scadenza o termini da rispettare. “Tempi e decisioni finali spettano al Papa, ma non c’è fretta. Si tratta di un cammino che si sta seguendo man mano che i vescovi delle diocesi più piccole decadono” ha continuato il presidente della Cei delle Marche.
Dopo la decisione dell’arcivescovo di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, monsignor Giovanni Tani, di rassegnare le dimissioni per sopraggiunti limiti di età, sembra quindi essere arrivato il momento della fusione con Pesaro. “Tra le due città ci sono storie di collaborazione, c’è stima reciproca tra i vescovi. Questo è un ottimo presupposto” ha osservato Marconi.
“Come in una famiglia”: il cammino insieme nel rispetto delle identità
Monsignor Marconi ci tiene a precisare che non si tratta di fondere due realtà. Per spiegare il meccanismo attraverso cui le diocesi si uniscono, il vescovo di Macerata ricorre all’esempio delle parrocchie. Queste spesso si uniscono in unità pastorali, il sacerdote è uno per tutte, ma ogni paese mantiene la sua parrocchia, che è distinta dalle altre. Ciò che invece si può ottimizzare, viene fatto insieme.
“Non si vogliono cancellare le positività, le tradizioni e le identità dei singoli luoghi, che anzi devono essere conservate” ha affermato Marconi. “Ciò che funziona meglio insieme, si farà insieme. Ciò che funziona meglio distinti, lo si continuerà a fare distinti. Come in una famiglia” ha concluso.