Scienziati Uniurb nell’ultima scoperta Esa sul Sole. “Passo avanti per il meteo spaziale”

La professoressa Catia Grimani e un'immagine del Sole dell'Esa
di ALICE TOMBESI

URBINO – Una scoperta dello scorso  25 marzo ha fatto fare un passo avanti nello studio dell’attività solare e l’università di Urbino ha contribuito con un gruppo di ricerca dell’Uniurb guidato dalla professoressa associata di Fisica al dipartimento di Scienze pure e applicate  Catia Grimani. Fanno parte del team di Metis, uno strumento a bordo della sonda Esa/Nasa Solar Orbiter, grazie al quale è stata individuata l’origine dello switchback: grandi e improvvisi distorsioni del campo magnetico dove si origina il vento solare il quale, come sotto l’effetto di una frustra, si propaga a grandissime distanze nello spazio interplanetario.

SOLAR ORBITER – Il contributo dell’Uniurb alla missione spaziale europea verso il Sole

Gli studiosi conoscono il fenomeno dagli anni Settanta ma la novità sta nel fatto che per la prima volta i ricercatori lo hanno individuato sulla corona, la parte dell’atmosfera solare più esterna, e sopra una regione attiva della stella, dove quindi l’attività magnetica è elevata. Una scoperta che ha permesso di dire, quindi, dove e come precisamente si generano: “Metis è un coronografo che fotografa la corona solare – racconta al Ducato la professoressa Grimani – una parte che a occhio nudo non si vede. Durante una riunione un collega di Torino, Daniele Telloni, ha riconosciuto in quella struttura la tipica forma a S dello switchback”.

Lo switchback osservato il 25 marzo 2022

Cos’è e come si forma uno switchback?

“La presenza di un campo magnetico va immaginata come un insieme di righe e frecce, quasi fossero dei vettori – spiega Grimani – il campo magnetico del Sole è formato da archi e da linee che vanno verso fuori. Quando la linea che esce si incontra con la parte dell’arco che rientra il campo magnetico subisce uno spostamento e consente al plasma, fatto principalmente di protoni e neutroni, di uscire”.

Le eruzioni solari

La nostra stella produce un’emissione più o meno costante di plasma: il vento solare. Ma occasionalmente dalla sua superficie possono avvenire gigantesche eruzioni con l’espulsione di milioni di tonnellate di plasma che, se dirette verso la Terra, possono causare una tempesta geomagnetica. A proteggere il nostro pianeta da conseguenze devastanti c’è la magnetosfera che devia il flusso del vento solare, che però in caso di eruzioni molto potenti non riesce a schermare del tutto. Oltre a spettacolari aurore anche a latitudini piuttosto basse, si avrebbe un impatto che può essere rilevante nella vita di tutti i giorni a cominciare dai satelliti i orbita per finire alle reti al suolo: “Vediamo infrastrutture, reti elettriche o trasmissioni televisive danneggiate”. Il ruolo del team guidato da Grimani è stato quello di verificare che l’intuizione di Telloni non fosse in realtà un errore, un artefatto quindi, causato dai raggi cosmici che colpiscono ogni secondo lo strumento, essendo così vicino al Sole.

Creating a solar switchback

Lo schema che spiega la riconnessione all’origine degli switchback – Credits: Zank et al. (2020)

“Questa scoperta si colloca sulla scia di uno strumento, Metis, che vogliamo far diventare sempre più efficace per il meteo spaziale e lo studio degli effetti solari sulla Terra” sottolinea la professoressa. Il meteo spaziale è la capacità di prevedere, come avviene per il meteo atmosferico, le condizioni nell’ambiente spaziale, a causa principalmente del Sole, che possono influenzare la vita sulla Terra ma anche le sonde in orbita o le missioni interplanetarie. Questa scoperta dell’origine degli switchback, associati a regioni attive dalle quali si originano con più frequenza le eruzioni solari, è un nuovo tassello dello studio dell’attività della nostra stella. Di passi avanti da fare ce ne sono ancora molti, primo fra tutti la risposta al perché la temperatura interna del Sole (6mila gradi) è minore di quella esterna che può raggiungere anche i 15 milioni di gradi. “Ma quella – conclude Grimani – è la domanda per eccellenza”.

Urbino, Firenze, Padova: gli atenei italiani che lavorano a Metis

La scoperta di Metis rientra nella missione Esa/Nasa Solar Orbiter mentre l’indagine, coordinata da Daniele Telloni dell’Osservatorio astrofisico di Torino, è stata pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal Letters e verrà presentata nel corso dell’ottavo Solar Orbiter workshop che si è aperto il 12 settembre a Belfast. Oltre all’università di Urbino, hanno firmato l’articolo anche ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dell’Agenzia Spaziale Italiana, l’università di Firenze e Padova, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’università dell’Alabama a Huntsville.

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