di GUGLIELMO MARIA VESPIGNANI
URBINO – Che non sia il giorno dell’inaugurazione di una mostra qualunque lo si capisce dalla folla in attesa di Vittorio Sgarbi, chiamato a presentare l’esposizione dal titolo “Arte e Potere” alla Sala del Castellare di Palazzo Ducale. Attorno alle 12.30, davanti all’ingresso del Municipio dove è in programma la conferenza stampa, sono infatti decine i giornalisti e i cittadini interessati che, all’arrivo del pro sindaco di Urbino, vanno a riempire la sala stampa. “Mai vista così piena” commenta Sgarbi in apertura di presentazione. Al termine dell’incontro, prima che tutti entrino nelle sale espositive, arriva anche il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia.
L’arte come mezzo per rappresentare la grandezza
Preso posto assieme al sindaco di Urbino Maurizio Gambini, il curatore comincia la sua presentazione proprio dal titolo della mostra, spiegando la ragione di questa scelta: “Per troppo tempo Urbino si è vista attribuire l’etichetta di mausoleo o memoriale di una grandezza perduta, nascondendo il potenziale ruolo centrale per cultura e arte contemporanea in Italia” dice Sgarbi. Ecco dunque il motivo di questa mostra: “L’idea nasce – continua Sgarbi – proprio per dare a un gruppo di artisti contemporanei liberi, di eccezionale qualità, la possibilità di esporre le proprie opere in nome dei valori assoluti dell’invenzione, della creatività e della bellezza, senza nascondersi dietro la copertura dell’impegno sociale”.
Tutt’altro. Il rapporto della mostra con il potere è infatti esplicito – come si evince, del resto, dal titolo. Viene esibito senza remore, con l’intento di interrogarsi anche e soprattutto sul ruolo che la città di Urbino deve ricoprire nel tempo presente. “Dobbiamo far sì – prosegue Sgarbi – che la gloria di questa grande città rinascimentale si riaffermi nella contemporaneità, seguendo l’esempio di Federico da Montefeltro, che trovò nell’arte la maniera di rappresentarsi e parlare al mondo. Il nostro obiettivo è rendere Urbino una Davos della cultura: un luogo piccolo, ma nevralgico, accentratore”. Iniziativa che, aggiunge Sgarbi, potrebbe essere finanziata coi soldi del Pnrr.
600 ANNI DI FEDERICO – Gli artisti alla corte del Duca, la mostra “Urbino crocevia delle arti”
Il passaggio sulla riaffermazione di Urbino nel presente non sfugge al sindaco, che non perde l’occasione, in apertura del proprio intervento, di tuonare contro l’attuale ministro della Cultura Dario Franceschini. “Ritengo quantomeno singolare – commenta Gambini – che il ministro della Cultura non si sia fatto vedere a Urbino in occasione delle Celebrazioni Federiciane”. Polemica che raccoglie anche Sgarbi, in un veloce botta e risposta: “Da tanto tempo Franceschini non viene neanche a Ferrara, cerca di evitare i luoghi in cui ci sono io”.
Infine, dopo il breve saluto del ministro Garavaglia, atteso anche alle 17 per la Lectio Magistralis su Arte e Vecchiaia, al Ducato Sgarbi aggiunge: “Ritengo l’assegnazione della Capitale della Cultura 2024 a Pesaro una specie di premio di consolazione, che io non condivido. Pesaro vince a discapito di città altrettanto importanti, nelle Marche e non solo. Il metodo è sbagliato, e spero che nei prossimi anni il ministero possa almeno indicare tre città all’anno come Capitali della Cultura, anche sulla base degli abitanti”.
Le opere
Costata circa 125 mila euro a fronte dei 200 mila inizialmente preventivati, la mostra si apre nella prima stanza della Sala del Castellare, dedicata alle opere dello scultore realista Giuseppe Bergomi. In particolare Uomini, delfini e parallelepipedi è la prima scultura che Sgarbi, accerchiato da un folto gruppo di visitatori, illustra assieme all’autore, presente all’inaugurazione. Si tratta di un modello di gesso e legno, realizzato nel 2000, composto di sette parallelepipedi e quattordici figure in gesso alte oltre due metri, delle quali il curatore sottolinea il lavoro lento e meticoloso di riproduzione di figure desunte dal contesto familiare, “come fossero persone appartenenti al nostro cammino”.
Le decine di presenti poi si muovono nelle sale adiacenti, dove si trovano le altre opere in mostra: Bertozzi & Casoni, artisti di segno completamente opposto a Bergomi con la loro rappresentazione scultorea di una realtà distorta. Giuseppe Ducrot, che riproduce figure mitologiche e santi con tecnica barocca. E poi Tullio Cattaneo, il futurista Marco Lodola, Igor Mitoraj, artista di origine polacca, Livio Scarpella e in ultimo Ivan Theimer, che il curatore menziona anche durante l’introduzione alla stampa per il legame che egli esprime con la sua nazione d’origine, la Repubblica Ceca, attraverso le strutture geometriche dei suoi obelischi.
[aesop_gallery id=”309093″]Opere, quelle esposte in “Arte e Potere”, la cui genealogia coincide volutamente con il senso ultimo della mostra: si tratta infatti di esempi di commissioni pubbliche, che contemplano contemporaneamente l’esigenza celebrativa, tipica del potere e della sua affermazione, e la libertà creativa, quintessenza dell’arte.