di STEFANO SCIBILIA
URBINO – Un anziano e un bambino potrebbero essere considerati gli estremi della nostra vita, ma spesso si fa l’errore di vedere l’anzianità come la fine di un percorso o un momento in cui bisogna lasciare il posto ad altri. Oggi Vittorio Sgarbi con la sua lectio “L’Arte della Vecchiaia” ha dimostrato che questi concetti possono essere facilmente smentiti, ponendo l’esempio di artisti come Giovanni Bellini, Michelangelo, Guido Reni o Guercino, autori di cui il critico d’arte esamina giovinezza e vecchiaia, fino a far notare il cambiamento, che pur trasformandoli non abbatte la fantasia o la loro capacità di continuare a produrre.
Ed è così che la Pietà vaticana di Michelangelo risulta completamente diversa da quella che l’artista produsse durante la sua vecchiaia, con i due busti senza volto che testimoniano, secondo Sgarbi, la capacità di prendere l’anima e farla riflettere sulla vita e sulla morte.
Sgarbi, durante la lectio tenuta nell’Aula magna del Polo scientifico Paolo Volponi dell’Università di Urbino, analizza il cambiamento di diversi artisti nel loro ultimo periodo di vita, dicendo che “sembrano altri artisti, come se ad un certo punto cambiassero la loro forma, ma questo non significa che sono rimbambiti, ma al contrario è come se fossero più vicini a dio e questo fa in modo che le loro opere siano ancora più spirituali”.
Presente all’evento anche l’arcivescovo Vincenzo Paglia, che ha ripreso il tema lanciato da Sgarbi per fare un esempio sulla sua storia personale: “Torno a Urbino da vecchio dopo essermi laureato qui da giovane. Torno per parlare della vecchiaia e devo dire che quando ho saputo che Sgarbi stava preparando questo evento mi è sembrato geniale, perché credo che l’unica cosa che ci permette di proiettarci al futuro sia il dialogo tra giovani e anziani, fondamentale per fare capire alla generazione di mezzo quali sono i veri valori”.