URBINO – Venerdì a Palazzo Ducale avrà il via il Festival del Giornalismo Culturale, giunto alla sua decima edizione. Per il compleanno numero 10 il Festival, dal titolo “Dal web alla terza”, ribalta il tema della prima edizione, “Dalla terza al web”. Lella Mazzoli, direttrice dell’evento assieme ai giornalisti Piero Dorfles e Giorgio Zanchini, spiega il perché di questa scelta. Si era partiti, nel 2013, con una riflessione sul ruolo della rete nel creare nuovi modi di comunicare, che il giornalismo culturale non poteva ignorare. Ora c’è un ritorno del mainstream, inserti cartacei e periodici, canali tv tematici, che però hanno bisogno di creare linguaggi nuovi. Lo stesso dicasi per il podcast, in cui la parola ritrova il predominio sull’immagine.
Questo Festival avviene in un momento molto delicato e particolare della Storia europea e mondiale. Cosa vuol dire ragionare di giornalismo e cultura ora?
Io credo che la cultura sia la base per qualunque forma di giornalismo. Si può parlare di politica, cronaca, ma se non si hanno conoscenze e competenze culturali si fa un pessimo giornalismo. A mio parere la cultura è la base, e anche il racconto mondiale ed europeo dovrebbe partire da qui.
Perché questa edizione si può considerare speciale?
Quest’anno festeggiamo il decimo anniversario del festival. Se ce lo avessero detto dieci anni fa probabilmente io Dorfles e Zanchini non ci avremmo creduto, ma in realtà dopo la prima edizione abbiamo lavorato tantissimo su questo festival e sulla sua organizzazione. Quest’anno abbiamo rovesciato ciò che era stato detto dieci anni fa, quando sapevamo già che la cultura e la rete andavano di pari passo. Pensavamo che la carta e il mainstream avrebbero perso forza, oggi ne abbiamo una conferma. Ciò non vuol dire che essi non rimangano fondamentali, ma gli approfondimenti in rete di giornalismo culturale stanno andando a ricoprire un ruolo sempre più importante. Coloro che vogliono continuare a portare l’informazione culturale nel mainstream devono cominciare a pensare che è necessario cambiare linguaggio: sappiamo che stanno uscendo tante nuove riviste di carta, che ci sono canali monotematici. Ebbene, chi opera in questi media deve necessariamente pensare ad un’evoluzione del modo di comunicare.
Cos’è cambiato in questi dieci anni, per far sì che si desse questa inversione?
Davvero tanto. Noi siamo partiti in un periodo in cui tutto ciò che veniva pubblicato doveva essere gratificato dalle immagini. Oggi, invece, torniamo al predominio della parola: basta pensare solo ai podcast, uno strumento di informazione straordinario che potrebbe far pensare ad un ritorno al passato. Ma non lo è, dato che ha regole diverse da un servizio radiofonico standard. C’è quindi, in parallelo ai linguaggi, la necessità di un’evoluzione dei media e della tecnologia, e noi ne vogliamo prendere nota.
Qualche anticipazione sui panel più interessanti?
Senza dubbio l’apertura: Gianrico Carofiglio farà una Lectio dal titolo Le parole sono pistole cariche. Già dal titolo si capisce che sarà un intervento molto forte. Seguiranno i dati della ricerca di Ipsos e dell’ Osservatorio News – Italia, in più tutta una serie di panel che riguardano il ruolo che l’informazione pubblica ha sulla vita della cultura. Ci saranno inoltre due eventi più “festivalieri”: un cooking show con chef stellati provenienti dalle Marche e una rappresentazione teatrale – messa in prosa di Piero Dorfles – delle Tre Leggi della Robotica di Isaac Asimov.