di Martina Tomat
URBINO – Graziosa e un po’ minuta, con una corporatura che stride con la forza trascinante che propaga appena prende parola, Ellen Nakashima, giornalista del Washington Post, cattura tutta la sala del Trono di Palazzo ducale. Entra scortata dalla corte di Federico da Montefeltro in abito storico, per la cerimonia di consegna dell’Urbino Award, il riconoscimento che dal 2006 incorona uno dei giornalisti americani più meritevoli.
Penna di punta dello storico quotidiano di Washington, parte integrante di tre equipe che si sono aggiudicate il Pulitzer, grande esperta di sicurezza e tecnologia, Nakashima colpisce per il suo italiano fluente, per i suoi “grazie” alla giovane che le porge un bicchiere d’acqua, per la voce all’inizio un po’ incrinata dall’emozione e poi possente, sempre di più, mano a mano che si addentra nel suo discorso e abbraccia i punti cardine del suo lavoro: “Lavorando bene possiamo illuminare angoli scuri del mondo per renderlo migliore”.
Sicurezza e umanità, l’esempio del Duca Federico
Poi abbagliata dalla bellezza del Palazzo Ducale e di tutta la storia che porta con sé, dà il “la” al suo discorso proprio con Urbino e da Federico da Montefeltro, il Duca che a suon di armi e fortificazioni, ha protetto e custodito il suo territorio e al tempo stesso è stato capace di aprire le porte del Ducato al mondo: “La sicurezza che garantiva permetteva alla città di fiorire – spiega Ellen – lo stato era presente per il popolo, c’era assistenza medica gratuita, scuole pubbliche col greco e il latino. La moglie Battista aveva istituito inoltre un fondo doti per le famiglie che non se le potevano permettere e anche una banca. Il cittadino era immerso nelle belle arti e nella cultura. C’era umanità che è sinonimo di completezza. Non solo fortezze”.
Tecnologia e saggezza, l’11 settembre e la privacy violata
E sul binomio umanità e sicurezza, un duo sempre più raro al giorno d’oggi, la reporter punta il focus per buona parte dei suoi interventi. “La tecnologia deve essere al servizio dell’umanità e utilizzata con saggezza, prendendo esempio proprio dal Duca. Ora, che è molto all’avanguardia è usata spesso senza tenere conto delle conseguenze morali ed etiche”.
Soprattutto dopo l’11 settembre, quando l’America per prevenire ulteriori attacchi terroristici, ha implementato la security servendosi di sistemi di spionaggio sempre più avanzati e irrispettosi della privacy: una volta venuti a galla hanno scosso i cittadini che si sono sentiti violati e traditi nel profondo. Così il rapporto col governo si è incrinato. “La fiducia è l’elemento su cui dovrebbe basarsi lo stato per garantire la sicurezza”, ribadisce.
Fake news: dalle elezioni americane a come conviverci
Poi lei, da 30 anni giornalista, spazia: dalla Cina alle notizie false.
Cita come esempio una rete di fake news che ha inondato le elezioni americane 2020. Spiega che decisive sono state non tanto quelle russe, per un pubblico già convintamente trumpiano, quanto quelle prodotte dall’estrema destra americana, perché più capaci di influenzare segmenti nuovi di elettorato.
E alla disinformazione, con cui al giorno d’oggi volenti o nolenti conviviamo, bisogna saper affiancare trasparenza e forti istituzioni democratiche. Non solo: essere in grado di formare un’opinione pubblica con gli occhi attenti e i denti aguzzi, pronta a condannare il falso.
E tra gli intenti del lavoro della giornalista americana c’è proprio l’aprire gli occhi ai cittadini: “Parlo di cibernetica ma non so leggere i codici, quello che c’è dietro però sì, mi interessano le persone, gli scopi. E voglio rendere queste informazioni fruibili a tutti: dalla nonna alla signora che troviamo al supermercato con la sua borsa della spesa”.
Le motivazioni: “Capire il mondo oltre le breaking news”
“Ci hai permesso di vedere gli eventi come tessere di un mosaico che vanno approfondite per capire l’insieme, di non essere travolti dalle breaking news” ha detto Giovanni Lani, presidente del premio, spiegando alcune delle motivazioni che hanno spinto ad assegnare a Nakashima il riconoscimento, rappresentato da una scultura, ripresa dalla Flagellazione di Piero della Francesca, di Paolo Soro, professore dell’Accademia di Belle Arti di Urbino. Poi l’appello: “Ti chiediamo di aiutarci a capire che succede al di là delle nostre colline”.
E la gratitudine dell’Italia alla giornalista americana è ricambiata. Da giovane ha vissuto a Bologna per cinque anni, dal 1985 al 1990: “Stavo andando in Spagna ma avevo perso il biglietto. Affascinata dalla penisola ho deciso di fermarmi un po’, volevo godermela, visitarla e intanto racimolare qualche soldo per il ritorno a casa. Poi sono passati giorni, mesi e anni. Bologna ha forgiato il modo in cui vedo il mondo. C’era solidarietà sociale, come a Urbino. Le cose più importanti sono i rapporti tra le persone e i Paesi e io i miei valori li ho alimentati in Italia…”. Sorride.
Tra autorità e gente comune con lo stesso sorriso
La cerimonia del premio, negli anni assegnato a fior fior di giornalisti, è stata moderata dal responsabile del settore cultura e turismo di Urbino Gabriele Cavalera che ha anche riportato un messaggio di saluti del Ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Poi, nell’ordine, sono intervenuti il Viceprefetto Antonio Angeloni, il portavoce dell’ambasciata degli Stati Uniti David Connell, il sindaco Maurizio Gambini e il Direttore della Galleria nazionale delle Marche Luigi Gallo.
Alla premiazione, iniziata sulle note dell’Orchestra di Strumenti a Fiato di Urbino, anche una folta e variegata cornice di pubblico contagiato dalla professionalità e dall’entusiasmo genuino di Ellen Nakashima. La giornalista, terminata la cerimonia, con grande umiltà, regala sorrisi e frasi gentili a chi le si avvicina.