Di Raffaele Di Gaetani
URBINO – “Bisogna rischiare per creare un ecosistema dell’informazione che includa i giovani”. E in Italia non c’è un sistema in grado di farlo. È il quadro tracciato dal direttore Censis Massimiliano Valeri, intervenuto nella Sala del trono di Palazzo ducale, durante il Festival del giornalismo culturale.
Le nuove generazioni usano i social network per informarsi, e nonostante il rischio di imbattersi nelle fake news, li preferiscono ai media tradizionali non in grado rappresentarli. Tutto questo crea un pericolo per la democrazia “fragile se non informata” come ha sottolineato Giorgio Zanchini. In questo contesto, il buon giornalismo, affidabile, che verifica e cerca la verità, è l’unica soluzione.
Senza dialogo, senza inclusione
“L’incomunicabilità intergenerazionale” è amplificata dai mezzi utilizzati. Ormai solo poco più del 40% della popolazione legge libri o giornali, dice lo studio Censis presentato da Valeri durante il festival. I quotidiani sono stati sostituiti dagli smartphone. Questo crea problemi di dialogo tra fasce d’età diverse che usano strumenti differenti.
Secondo il direttore di Rai Radio 3, Andrea Montanari, “i soggetti deboli fanno fatica a entrare nel discorso pubblico, soprattutto i giovani”, creando confusione nel loro ruolo sociale. Al momento non sono state adottate misure in grado di risolvere il problema.
Oltre a Montanari e Valeri, al dibattito “Le notizie e gli approfondimenti: quando e devo si leggono, si ascoltano e si guardano le notizie” hanno partecipato Giorgio Zanchini, direttore del Festival, Giorgia Cardinaletti, giornalista Tg1, Andrea Vianello, direttore San Marino RTV e Marco Vigevani, amministratore delegato di The Italian Literary Agency.
#AndreaMontanari “La democrazia vive di verità, ma qua l’è la capacità del discorso pubblico di riflettere i segmenti del mosaico sociale? I soggetti più deboli fanno fatica a entrare nel discorso pubblico, soprattutto i giovani”@fgcult #fgcult23 #giovani #informazione pic.twitter.com/I6x69t2hS5
— Il Ducato Urbino (@IlDucato) October 7, 2023
L’informazione non parla ai giovani
In Italia solo una persona su dieci, tra i 14 e i 29 anni, legge il giornale. Questo significa che le nuove generazioni si informano in modo diverso, come evidenziato anche da Vigevani nel corso dell’incontro. I temi affrontati sui canali tradizionali non rispecchiano quelli dei giovani. Mancano canali informativi per tutte le fasce d’età. Per esempio “i palinsesti televisivi spesso sono creati per gli adulti” ha fatto presente Montanari.
#AndreaMontanari “Credo che se noi aprissimo i confini a chi ha meno voce il sistema informativo mediatico funzionerebbe meglio.
— Festival del giornalismo culturale 📚 (@fgcult) October 7, 2023
Si lavori ad un’intelligente integrazione con i media su cui si informano i ragazzi e portiamo lì la competenza” #fgcult23 pic.twitter.com/ebYSXpTZa4
E questo causa la “migrazione” dei giovani verso i social network. “Non vengono trattati argomenti vicini a loro come l’inserimento nel mondo del lavoro o la salute mentale. I media non riflettono i loro interessi” ha rimarcato Montanari.
I giovani non sono stimolati a entrare nel dibattito pubblico perché non si sentono inclusi. Preferiscono utilizzare altre fonti e poi approfondare i temi che gli interessano su internet. Per Cardinaletti c’è “un buco nero” generazionale. Manca un collegamento nel pubblico. “Io ho avuto una sensazione: i giornalisti stanno troppo poco vicino ai giovani. Per capire un tema si deve stare sul posto. Incontrando le nuove generazioni e capendo i loro interessi, è possibile avvicinarsi a loro”.
“Siamo sicuri di aver davvero intercettato le tematiche delle nuove generazioni? Magari stando vicino a loro potremmo davvero ascoltarli e raccontare i loro punti di vista” lo ha detto @GiorgiaCardin al @fgcult #fgcult23 #giornalismo #nuovegenerazioni #informazione pic.twitter.com/gVcxMuiCVz
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Fake News come soluzione
Le notizie false sono il rischio principale di chi si informa sui social network. Le informazioni spesso sono brevi, poco dettagliate e non verificate. ad amplificare il problema come ha detto Valeri è “una società in cui è difficile discernere ciò che è vero da ciò che è falso”. Utilizzare solo queste piattaforme non aumenta lo spirito critico delle persone.
Massimiliano Valeri
“Una società in cui è difficile discernere ciò che è vero da ciò che è falso”
Semplificando, si potrebbe dire che i social influenzano la sfera emotiva, mentre i libri e i giornali sviluppano le capacità cognitive. Ne sono una dimostrazione fenomeni avvenuti negli ultimi anni come l’entrata dei sostenitori diDonald Trump a Capitol Hill a Washington. Poi ci sono casi, come quello della Corea, dove ai giovani non interessa se una notizia sia vera o falsa.
Il buon giornalismo come soluzione
Il giornalista dovrebbe svolgere una funzione di filtro delle notizie. In questo modo i giovani potrebbero utilizzare i media classici come modo per provare la veridicità delle notizie e ritornare a utilizzarli, eliminando la loro marginalità.
.@andreavianel “La sfida dell’informazione oggi si gioca sull’autorevolezza: sia di chi parla che di chi trova le fonti” #fgcult23 pic.twitter.com/AJcedPnhgX
— Festival del giornalismo culturale 📚 (@fgcult) October 7, 2023
Vianello ha evidenziato l’importanza dell’autorevolezza di chi informa e di chi legge, riportando al centro del dibattito la verità come obiettivo dell’informazione. Ha poi aggiunto: “Bisogna studiare, oggi forse le fake news sono pagate più di quelle vere ed entrano nei sistemi perché qualcuno vuole farle filtrare”.
Per Valeri “Le diete mediatiche sono come quelle nutritive: devono essere ricche e articolate”. Informandosi anche sui giornali i giovani possono acquisire i mezzi per distinguere il vero dal falso, diminuendo la loro sensazione di alienazione sociale, dimostrata anche dai problemi psicologici diffusi.