Di Laura Nasali
“Questo è per te Giulia” dice a voce alta una studentessa che batte forte le mani sul banco nell’aula magna Volponi, dove alle 11 centinaia di sveglie hanno suonato per Giulia Cecchettin. Un minuto di rumore per la studentessa vittima di femminicidio, un minuto di rumore come aveva chiesto sua sorella per dire basta alla violenza di genere. E poi un lungo applauso a cui si sono uniti i diversi studenti in aula. Nel solo anno in corso sono stati più di 100 le donne vittime di femminicidio in Italia.
Elisa e il suo grido per dire “basta”
Se ne sente parlare fra i corridoi dell’Università nei capannelli di studenti e studentesse. Tra loro c’è Elisa Martina, arrabbiata perché, dice, costretta a vivere una situazione di disagio in quanto donna: “Dobbiamo essere libere di camminare per strada, sentendoci al sicuro – spiega circondata da altre ragazze che annuiscono – Oggi ho paura di innamorarmi, non ci si può fidare di nessuno. I ragazzi nelle scuole non vengono educati al rispetto – continua Elisa – quando dovrebbe esserci più coesione tra uomini e donne e far fronte comune: servono leggi che puniscano chi toglie a una persona il diritto alla vita, come è successo a Giulia”.
“Una rivoluzione non si fa in un minuto”
Non tutti erano in Università durante il minuto di rumore e non tutti ne erano a conoscenza. Come Alberto, che era su una panchina in piazza della Repubblica ad aspettare una ragazza, poi accolta con un sorriso. Alberto, anche lui studente all’Università di Urbino, spiega che le cose non si cambiano in un minuto, ma con l’impegno quotidiano di tutti: ”Io sono convinto che non esista amore dove c’è violenza – dice Alberto – E una ragazza che trova il coraggio di denunciare, deve essere tutelata. Sentiamo casi in cui l’ordine restrittivo viene violato: servono davvero luoghi sicuri per le vittime di violenza”.
Uniti per cambiare le cose
Poco distante c’è un altro gruppo di ragazzi. Anche loro non hanno partecipato al “minuto di rumore” delle 11, ma assicurano di aver seguito con attenzione la vicenda di Giulia Cecchettin. Uno dei tre, Riccardo, prova a spiegare quanto sia rimasto colpito, cercando conforto negli sguardi degli amici: ”Quello di Giulia non è un caso isolato e sicurante il patriarcato ha avuto un ruolo fondamentale. Da quando nasciamo siamo abituati a questa visione – dice Riccardo, che però assicura – Non tutti gli uomini sono come l’assassino di Giulia. Se ci ripenso, mi sento in colpa per le piccolissime mancanze di rispetto che ho avuto in passato con le ragazze. Serve un aiuto per cambiare un certo modo di pensare, anche con l’aiuto di uno psicologo”.