Di Chiara Ricciolini
URBINO – Dentro Palazzo Albani ci sono affreschi nascosti che aspettano solo di essere riscoperti. Quel pezzo di patrimonio artistico, oggi coperto da scrivanie e faldoni di documenti, potrebbe tornare accessibile a ricercatori e studiosi attraverso l’ultimo progetto finanziato al Dipartimento di studi umanistici (Distum) dell’Università di Urbino, fresco della nomina di “dipartimento d’eccellenza” per il triennio 2023-2025. Il progetto nell’ambito delle Digital Humanities e intitolato “La forma delle muse. Parola e immagine. Nuove frontiere del Cultural Heritage fra tradizione e innovazione digitale” è stato finanziato, tra 180 dipartimenti d’eccellenza in Italia, con 5 milioni e 900 mila euro da Ministero dell’Università e della Ricerca.
Il progetto
Grazie a immagini digitali ad altissima risoluzione, grazie alle più recenti tecnologie nel settore, sarà possibile anche nel dipartimento urbinate analizzare e permettere uno studio più approfondito di un’opera d’arte. Si pensi per esempio a quanto possa essere dettagliato il modello in 3D che si potrebbe ricavare dell’ Uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci. Sarebbe possibile individuare particolari difficili da individuare con l’occhio umano, tipo il foro dell’ago del compasso usato dall’artista per tracciare le linee necessarie allo sviluppo della sua opera. Innegabili poi i benefici sulle opere scultoree, da cui potrebbero emergere per esempio i lineamenti dei volti come mai si è potuto ammirare finora.
Il finanziamento
Il progetto appena finanziato al Distum di Urbino permetterà la creazione di due laboratori, che permetteranno di raccogliere dati e immagini digitali che saranno più accessibili per i ricercatori che ne avranno bisogno. I fondi saranno destinati anche all’assunzione di tre ricercatori, un professore associato e due tecnici amministrativi. Il progetto è risultato vincente per la “sua capacità di avere una prospettiva di interesse per tutte le aree necessarie: la didattica, la ricerca e l’impatto sociale, cioè la conoscenza fornita alla società, il suo valore pubblico” ci dice la professoressa Berta Martini, direttrice del Distum. I laboratori saranno forniti di macchinari per sviluppare fotografie ad alta risoluzione, sensori per l’illuminazione delle opere, camere di isolamento del suono e saranno in ogni caso completi del personale previsto dal progetto originario.
I laboratori
Saranno materialmente costruiti due laboratori distinti. Il primo sarà “Imaging for Humanities”, dove grazie ai macchinari e al software, che i ricercatori svilupperanno, sarà possibile definire con maggior precisione i dettagli delle opere d’arte, percepire particolari non visibili a occhio nudo, manipolare con un touchpad i quadri e le sculture per vederle da diverse angolazioni. Il secondo laboratorio invece sarà destinato alla psicolinguistica e verrà dotato di una camera anecoica, una sorta di stanza priva di eco in grado di simulare in uno spazio chiuso gli effetti sonori di un ambiente aperto e infinito. Alla base dei lavori che saranno sviluppati c’è la sinergia tra diversi ambiti di studi, quello più tecnico-scientifico in campo digitale con le competenze umanistiche. Per chi dovrà sviluppare i software, per esempio, sarà fondamentale il lavoro preparatorio degli archeologi o degli storici dell’arte. È dalla collaborazione tra esperti dalla formazione così apparentemente diversa che, assicurano dal Distum, si possono realizzare progetti che rendano l’arte e la ricerca scientifica più accessibili e condivisi.